Il pandit Pallooji a Catania: |”Tutti siamo una cosa sola”

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06 Novembre 2013, 16:58

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CATANIA – “Colei che risolve tutto e che distrugge il male”. Potrebbe essere così tradotto, partendo dall’etimo sanscrito, il nome della divinità indù Durga. La cui rappresentazione iconografica più classica è quella di una donna-guerriero dotata di nove braccia, tutte armate, e seduta a cavallo di una tigre. Secondo i testi della tradizione, tra le sue imprese fondamentali, c’è quella di aver abbattuto con il suo tridente un demone dal volto di bufalo. Quella di Durga è anche una delle festività più importanti del calendario indiano e una delle festività più sentite dai mauriziani di religione indù che vivono dentro e fuori i confini nazionali.

La sua ricorrenza, quest’anno, è caduta il tre di novembre. Un momento atteso con particolare entusiasmo dagli oltre 2500 immigrati di origine mauriziana che vivono stabilmente a Catania. Una comunità di stranieri, fra quelle presenti sul territorio etneo, che si presenta come la più cospicua e le meglio integrata con il tessuto cittadino. Ma anche un gruppo etnico dove al suo interno convivono pacificamente non solo induisti, ma anche cattolici, islamici, buddisti e tamil.

É stato il pandit Sàrajeev Shanma Pallooji a guidare, quest’anno, le celebrazioni di Durga a Catania. Una presenza dall’alto profilo morale e spirituale. Nonostante i quarantacinque anni e i tre figli, Palloji è una delle autorità indù più qualificate delle Mauritius. Un sacerdote – per dirla in termini a noi più vicini – formatosi in India e che in questi giorni è stato in visita prima a Bologna e quindi nel capoluogo etneo. Un evento del tutto eccezionale, che ha messo in fibrillazione i fedeli mauriziani di tutte le confessioni qui presenti. “Sono venuto – spiega a LiveSicilia – per un motivo: far riunire fraternamente tutti i mauriziani in un incontro fatto di preghiera. Tutti siamo una sola cosa: dentro tutti noi scorre sangue di colore rosso. Il mio – spiega ancora – è un messaggio di pace. Dobbiamo reagire sempre con la testa davanti alle avversità, sconfiggere il male perseguendo il bene. Tutti un giorno finiremo davanti a Dio e a lui mostreremo la nostra faccia”. Il saluto del pandit Pallooji è rivolta inoltre al popolo siciliano: “Mi è piaciuta tantissimo questa terra. Un ringraziamento di cuore va al gesuita Gianni Notari, che ci ha messo a disposizione i locali della sua parrocchia. Spero, dunque, di poter tornare quanto prima qui – conclude – per un nuovo e grande momento di preghiera”.

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Una rappresentanza della comunità mauriziana di Catania

Superati i  festeggiamenti di Durga, la vita della comunità mauriziana resta comunque segnata segnati da profondi problemi che riguardano il vissuto quotidiano dei suoi singoli componenti. “Ci vorrebbe un libro per elencarli tutti”, riferisce – ridendoci sopra – Suendra Gopee, presidente dell’associazione Shiv Shakti. “Sicuramente – continua- ci manca un luogo dove riunirci. C’è poi la Crisi: la stiamo sentendo tantissimo. Molti di noi hanno già perso il lavoro e non sanno più come pagare l’affitto di casa e le tasse”. Quello più frequiente è e resta il problema riguardante il rilascio dei permessi di soggiorno: “Molti di noi – riferisce Ayay Camul, che si occupa della guida spirituale dei mauriziani induisti – a causa della non perfetta conoscenza della lingua italiana, non riescono a capire bene i meccanismi della Questura e questo provoca non pochi inconvenienti. I tempi di rilascio – chiosa – sono, poi, troppo lunghi”.

Lo stesso però i mauriziani si sentono ben accolti dai catanesi. Ne è certo Raynald Milinte, cattolico e presidente della Federazione delle associazioni Mauriziane-Italiane di Catania, sigla che coordina l’attività di otto delle dieci associazioni presenti sotto il vulcano: “Ogni storia di emigrazione è segnata da grande sofferenza e speranza. Ma mai – riferisce – ho subito gesti d’intolleranza. Abbiamo trovato le porte delle chiese sempre aperte, mentre la Caritas è stata in qualunque momento disponibile assieme a tutti gli altri centri d’accoglienza. Noi ci siamo saputi integrare, e negli ultimi 15 anni molti della nostra comunità si sono pure laureati. L’unico punto nero che posso riferire – spiega Milinte – riguarda l’ottenimento della cittadinanza per i bambini nati qui. Negli altri paesi questo avviene in automatico. Qui, invece, non è così. La legge italiana – chiosa con un tono che stupisce per pacatezza – non lo prevede”.

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06 Novembre 2013, 16:58

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