Il Pd in un vicolo cieco |E Crocetta tira dritto

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16 Settembre 2014, 06:00

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PALERMO – Più di tre ore di confronto, una discussione che si è chiusa quasi a mezzanotte e che non ha potuto far altro di prendere atto dello stallo della situazione dei rapporti tra partito e governo. Il gruppo del Pd si è riunito ieri all’Ars con il segretario Fausto Raciti per discutere della ripresa dei lavori d’Aula, ma anche della delicata situazione politica regionale.

L’escalation dello scontro interno al Pd siciliano ha visto un’impennata nelle ultime 24 ore. Proprio nel giorno in cui il premier e leader dei democratici Matteo Renzi visitava Palermo per ricordare Padre Puglisi, il segretario regionale Fausto Raciti con un’intervista a Live Sicilia rompeva con Crocetta, annunciando che il governatore non aveva più il sostegno del Pd. Ma le cose sono più complicate. Rosario Crocetta, infatti, ha fatto spallucce, prima con un irridente (e un po’ inflazionato) “Raciti chi?”, poi ricevendo sul piatto d’argento la testa dell’assessore Mariarita Sgarlata, che il governatore aveva fatto capire senza giri di parole di non voler più fra i piedi dopo il casus belli della piscina.

L’area renziana a cui faceva capo la Sgarlata non ha fatto le barricate a oltranza a difesa della responsabile del Territorio, dopo i tentativi dei giorni scorsi. Sul tema, pare che decisivi per l’accelerazione della vicenda siano stati i conciliaboli di ieri a margine della visita palermitana di Renzi. Poche oro dopo, la Sgarlata – che non ha fatto troppo mistero di leggere nella sua vicenda una resa dei conti da inquadrare in una partita tra potentati locali – gettava la spugna, prendendo atto che il rapporto di fiducia col governatore era incrinato. Ora si sono aperti i giochi per la successione. La scelta potrebbe rimanere nell’area politica (Renzi) e geografica (Siracusa) della Sgarlata. Ma niente è ancora deciso. E dire che domenica i rumours davano in pole per quel posto Angelo Villari, in quota Giovani Turchi, un pezzo della corrente cuperliana siciliana (ipotesi che non sarebbe del tutto tramontata). Forse anche complici queste voci, Raciti nel frattempo ha deciso di sparigliare, sposando la linea durissima, che fin qui aveva avuto come alfiere Antonello Cracolici.

Ma Raciti parla per sé, per il partito o per una corrente? L’impressione è che la maggioranza renziana (con gli alleati Areadem e crocettiani) non sia così convinta di rompere con il presidente della Regione, affrontando una crisi al buio. “Di certo nello statuto non sono previste le delibere per intervista”, commentava un dirigente prima della riunione di gruppo del Pd. Sarà necessaria, dicono diversi esponenti del partito a taccuini chiusi, un passaggio negli organismi di partito. Lì ci si dovrà contare. Non senza qualche rischio per il giovane segretario.

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Nella riunione di gruppo, un faccia a faccia serrato ma dai toni pacati, oltre a individuare alcune priorità su cui concentrarsi alla riapertura dell’Ars, in primis la bomba a orologeria delle vecchie province, si è anche discusso degli ultimi sviluppi politici. E la pattuglia cuperliana avrebbe insistito su posizioni intransigenti verso il governo. In particolare, la componente da cui proviene il segretario Raciti avrebbe colto la palla al balzo, rinfacciando ai renziani la loro proposta di azzerare tutto e ripartire. I cuperliani si sarebbero detti pronti, ma c’è davvero questa intenzione dall’altra parte? Di questo e di altro si dovrà parlare anche con gli alleati in un vertice di maggioranza che dovrebbe svolgersi nei prossimi giorni. Quello che è chiaro è che per uscire dal vicolo cieco in cui le faide interne hanno condotto il partito, non basterà certo portare in giunta un cuperliano al posto di Mariarita Sgarlata.

Roma intanto tace. Renzi, come era prevedibile, s’è ben guardato dall’infilarsi nel pantano della polemica siciliana, ha preferito parlare da premier e non da segretario del Pd. Crocetta al canto suo ha ribadito la sua intenzione di tirare dritto e non mollare. “Son un combattente”, ha detto il governatore, facendo spallucce.

Intanto, le opposizioni hanno cercato di raccogliere l’assist di Raciti, incalzando Pd e governo. Sia i grillini sia il centrodestra si sono fatti sentire. Musumeci ha chiesto al presidente di presentarsi in Aula, richiesta avanzata anche dall’Mpa. I 5 Stelle hanno sfidato il Pd a votare con loro una mozione di sfiducia al governatore. Ma l’impressione è che lo stallo che ha caratterizzato gli ultimi mesi non cesserà a breve. E che serviranno altri passaggi interni al Pd e alla maggioranza prima di passare a uno step successivo.

In questo contesto oggi torna a riunirsi l’Assemblea regionale siciliana. Bisognerà tra l’altro eleggere il vicepresidente, al posto di Salvo Pogliese. Al momento dentro il centrodestra, che reclama la poltrona, non c’è ancora un accordo e sembra probabile un rinvio della votazione. Perchè se Atene piange, Sparta non ride. E l’unità che manca nel centrosinistra, oggi sembra latitare anche a destra, in un sempre più frammentato e instabile quadro politico regionale.

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16 Settembre 2014, 06:00

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