Antonio Rubino, esponente della vecchia guardia del Partito Democratico siciliano, chiede al segretario regionale, Anthony Barbagallo, “un atto d’amore” che dovrebbe tradursi in un passo indietro. Rubino è abituato a parlare con un linguaggio schietto che, a volte, sconfina nell’irridente paradosso.
Immaginiamo, infatti, quanto amorevolmente il segretario Barbagallo possa accogliere il consiglio. E abbiamo ancora negli occhi le immagini dell’ultima assemblea debordata in una quasi rissa.
Ecco perché l’amore ci sembra un inatteso e ardimentoso convitato di pietra nel dibattito che precede il congresso regionale.
Sempre è giusto tendere all’infinito. Tuttavia, nel caso in specie, pure una solida coabitazione di molte anime in diaspora sarebbe già un risultato assai rimarchevole.
Il nodo problematico è arcinoto. Ieri, lo ha ribadito il presidente del partito, Stefano Bonaccini: “Per il Pd siciliano – ha detto – è il momento di parlare di contenuti invece di concentrarsi sulle sfide interne”.
Ma quel Pd siciliano, evocato come in una seduta di autocoscienza, ha proprio questo massimo problema: riesce a partorire abbondantissimi rancori, spesso in misura inversamente proporzionale alle idee.
La domanda resta invariabile: come si aggregano gli altri, in vista delle elezioni, se prima non si risolvono le lacerazioni di una comunità?
“Il congresso regionale sarà un grande momento di confronto in tutti i circoli, non solo sul modello di partito, ma soprattutto sulla piattaforma programmatica che supporti una Sicilia nuova”. Sono le parole del segretario Barbagallo in una chiacchierata con LiveSicilia.it
Un auspicio saggio, nel richiamo a un vero dialogo. L’invito a costruire un clima più sereno. Una speranza offerta a elettori e iscritti. Ma per chi sta osservando le premesse ci vorrebbe, forse e soprattutto, un atto di fede.