15 Novembre 2017, 19:24
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CATANIA – Parla da dietro una parete di legno il collaboratore di giustizia Luciano Cavallaro. La sua voce arriva fino alle gabbie dell’aula Serafino Famà dove sono rinchiusi gli imputati, presunti affiliati del gruppo di Lineri dei Mazzei, finiti in gattabuia nell’ambito dell’inchiesta Enigma. Il suo esame rompe il brusio tra i tanti familiari presenti nel corso del processo. Il boss Nuccio Mazzei, invece, ascolta i racconti dell’ex esponente del clan Nicotra di Misterbianco, cosca alleata ai Carcagnusi, collegato dal carcere di Spoleto.
Accade poche volte che un pentito parli seduto sul banco degli interrogatori e non in video conferenza. E’ stato possibile vedere il suo viso, le sue espressioni, la testa bassa mentre rispondeva alle domande del pm e dei difensori. Cavallaro spiega di aver fatto parte della famiglia Nicotra di Misterbianco, conosciuti come i Tuppi. “Mi occupavo di rapine, estorsioni e droga”, racconta. l clan diventa alleato dei Mazzei nel 2010. La scelta di collaborare con la giustizia nasce dopo alcune presunte minacce che avrebbe ricevuto dai Carcagnusi a causa di un debito. “Dovevo 8 mila euro ai Mazzei, ho tentato di restituire i soldi facendo una rapina ma sono stato arrestato. A quel punto mentre ero in carcere avrebbero preteso la restituzione da parte di mia moglie, altrimenti sarebbe accaduto qualcosa di grave. A quel punto ho deciso di collaborare”. La voce è quasi spezzata quando racconta i motivi di questa decisione.
Il pm Rocco Liguori gli ha messo in mano un album fotografico (che è stato acquisito dal Tribunale) e ha chiesto di riferire su alcuni soggetti raffigurati e tra questi alcuni imputati.
“Nuccio Mazzei è il capo”, spiega Cavallaro che racconta di aver incontrato il boss dei Carcagnusi nel 2013 quando c’erano state tensioni per lo spaccio con i Cappello. “I dissidi sarebbero stati risolti dallo stesso Nuccio”, risponde il pentito alla domanda del difensore del capomafia, l’avvocato Salvo Pace, nel corso del controesame. Cavallaro avrebbe avuto contatti diretti con Mazzei. “Scendevo al Traforo, in via Belfiore, chiedevo di Nuccio. Sempre per discutere di droga”, precisa ancora nel corso del controesame. E durante la latitanza? “Gli abbiamo mandato una bottiglia di champagne a Natale attraverso Ciccio Vaccaro”, racconta ancora il pentito. Dichiarazione che già aveva reso in passato e che ha fatto parte di un’altra inchiesta sui Carcagnusi.
Nel corso dell’esame al collaboratore di giustizia sono emersi alcuni particolari che hanno portato i difensori a chiedere la citazione di alcuni testimoni. Cavallaro avrebbe conosciuto Salvatore Cosentino (detto Turi Sasizza) a fine agosto 2013. A presentarlo sarebbe stato Jonathan Pasqualino (che risulta al momento scomparso ed è aperta anche un’inchiesta). Inoltre nel corso di una visita a casa di Fabio Sciuto, nel 2014 (il pentito colloca l’incontro nell’autunno di quell’anno, ndr), avrebbe conosciuto Andrea, nipote di Tino Paparazza (Agatino Licciardello ex Malpassatu e storico vertice dei Carcagnusi di Lineri, insieme al fratello Salvatore, detto Turi Chianca, ndr) di cui però non ricorda il cognome. “Anzi Fabio si meravigliò che non lo conoscessi”, dice Cavallaro. Sulla foto di Alfio Grazioso, Cavallaro è preciso: “Spiega che non lo conosceva e che aveva visto per la prima volta sul giornale quando era in carcere nel 2015. Su di lui sapeva essere parente di Filippo Grazioso”.
L’avvocato Francesco Maria Marchese ha chiesto l’esame di Fabio Sciuto e Jonathan Pasqualino, che sono stati citati come fonte diretta dal collaboratore di giustizia. Richiesta a cui si sono uniti altri difensori. L’avvocato Giuseppe Orlando ha chiesto al Tribunale invece la citazione, nella prossima udienza rinviata per fine febbraio, di Filippo Grazioso e anche del collaboratore di giustizia Giuseppe Scollo, ex boss santapaoliano di Lineri. La sua testimonianza servirà per la posizione di Alfio Grazioso.
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15 Novembre 2017, 19:24