Il pentito del “triangolo della morte” | Decine di omicidi, tanti misteri

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11 Febbraio 2019, 18:40

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PALERMO – Il “triangolo della morte”.  Fu la cronaca a imporre la macabra definizione.  Fra Bagheria, Casteldaccia e Altavilla Milicia i cadaveri si contarono a decine. Nell’estate del 1982 i killer uccisero una ventina di persone in solo due settimane. Molti di quei delitti sono rimasti irrisolti. Uno squarcio si era aperto con il pentimento di Sergio Flamia, ma non abbastanza da inchiodare i responsabili. Ecco perché potrebbe risultare decisiva la collaborazione con la giustizia di Francesco Lombardo, il boss di Altavilla che ha raccolto l’invito del figlio a voltare le spalle a Cosa Nostra.

Nel 1982 cadono sotto il piombo, a Bagheria, Cosimo Manzella e Michelangelo Amato. Erano entrambi di Casteldaccia dove, pochi mesi dopo, in una villa fu freddato Gregorio Marchese. A distanza di alcuni giorni stessa sorte toccò, ma a Villabate, a Salvatore e Pietro Di Peri. Poi, nell’ordine, a Mario Prestifilippo, considerato un sicario della cosca dei Greco della borgata palermitana di Ciaculli. In mezzo, gli omicidi della madre, della sorella e della zia del pentito Francesco Marino Mannoia. Alla fine di morti ammazzati se ne conteranno più di quaranta fra i due schieramenti: i corleonesi che marciavano su Palermo e provincia e coloro che provarono a resistervi.

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Erano i giorni di un’altra resistenza, quella civile. Il 26 febbraio 1983 si svolse la prima marcia antimafia da Bagheria a Casteldaccia. La gente scendeva in strada per urlare che un altro mondo era possibile. Nel 2013 il Centro Pio La Torre ha riportato la gente in strada. Ora qualcuno, che l’aveva finora fatta franca, inizia a tremare perché Francesco Lombardo si è pentito.

 

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11 Febbraio 2019, 18:40

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