08 Febbraio 2018, 05:33
3 min di lettura
CATANIA – Sembra il tratto di penna di un bambino. Ed invece è la mano di un soldato della mafia che disegna la mappa del clan Cappello. Una piramide zeppa di nomi e indicazioni di mestieri. Dietro le parole “fioraio” o “gommista” si cela l’identità dei pezzi grossi della mafia catanese di cui Carmelo Di Mauro conosce i segreti.
Nel disegno sono elencati ruoli e gerarchie. Uno scarabocchio per cristallizzare la struttura organizzativa di una delle cosche catanesi maggiormente in ascesa, capace di varcare i confini catanesi per stringere alleanze lontano dall’Etna. Di Mauro faceva il lavoro sporco per conto di Massimiliano Salvo, piazzato dagli investigatori alla guida del clan Cappello. Di alcuni boss riferisce prima i soprannomi dei nomi. Come nel caso del fioraio, “u ciuraru”, scritto accanto al vertice della piramide. Sarebbe lui – a dire del pentito – il reggente della cosca. “U ciuraru” è Salvatore Lombardo “da tutti ritenuto irraggiungibile per la sua importanza”, dice Di Mauro. Il boss per comandare si fa forte della parentela con il “padrino” Turi Cappello, detenuto al 41bis. Il carcere duro, secondo i poliziotti della Squadra Mobile, non gli avrebbe impedito di dialogare con gli uomini d’onore liberi. Il ruolo di cerniera sarebbe stato delegato alla sua storica compagna Maria Campagna (arrestata nel blitz Penelope un anno fa).
Un gradino sotto Lombardo, si legge “Massimo, Facci i Palemmu e u Milanisi”. Fuori dal triangolo, ma allo stesso livello, mette il cognome di “Sardo”. Il triunvirato di potere è composto da Massimiliano Salvo, detto “u Carruzzeri”, da mesi oramai detenuto al 41bis. “Posizione di comando, al pari di Massimo, è rivestita anche da Giovanni “U Milanesi” (Catanzaro, ndr) e da “Santo Faccia I Palermu (Strano, ndr)”, dice ai magistrati Di Mauro. Sardo altri non è che Sebastiano Sardo, detto “Occhiolino” o “U Sceicco”, che l’estate scorsa ha deciso, pure lui, di saltare il fosso. Di lui Di Mauro racconta che “Sardo si salutava con il bacio con Massimiliano Salvo, segno che è un associato di primo piano. Anzi è proprio la stessa cosa di Massimiliano, possiamo dire che è al suo stesso livello”. Ecco perché le rivelazioni di “Occhiolino” possono fare male a Cosa Nostra.
Una grafia poco chiara e gli omissis dei verbali impediscono di identificare i nomi che compongono il “gruppo di Massimo”. E cioè la squadra che risponde direttamente agli ordini del boss “Massimiliano U Carruzzeri Salvo”. Fuori dal triangolo il pentito cita il “gommista”, che è identificabile in Salvatore Giuffrida. A seguire “Tropea, Calogero, Pippo Ca Lenti, Giovanni Gallina, Pippo Balsamo, Fabio”. Di ciascuno di loro il pentito conosce il ruolo: “Il gruppo sottoposto a Massimiliano Salvatore Salvo è composto da Tommaso Tropea per Librino, Sebastiano Calogero, Mario Ventimiglia (ma per un periodo limitato di sei mesi), Pippo “ca lenti”, (Giuseppe Palazzolo, ndr), Pippo Balsamo per i paesi”. Difficile identificare con precisione chi sia Fabio perché diversi sono gli affiliati, già indagati e sotto processo, del clan Cappello con questo nome di battesimo.
La base della piramide è composta da due righe. In basso Di Mauro ha scritto “io”. Accanto il nome del cugino Domenico Greco “che aveva il mio stesso ruolo quale soggetto che non era associato”. Un gradino sopra posiziona “Enzo U Longu, Enzo Salamone, Massimo “U Nacchiu” (Zappalà), Orazio, il genero di Tommaso Tropea (Orazio Di Mauro, ndr)”. E poi c’è il nome di “Enzo Pitbull”. Chi sarà il ‘cane da guardia’ del clan Cappello? È uno dei tanti misteri ancora da chiarire.
Pubblicato il
08 Febbraio 2018, 05:33