Pestaggio alla Noce: pene ridotte | Cade l'aggravante di mafia - Live Sicilia

Pestaggio alla Noce: pene ridotte | Cade l’aggravante di mafia

Giuseppe Castelluccio e Massimiliano Di Majo condannati a 13 anni e 4 mesi e 10 anni. Il video choc.

PALERMO – Mafioso erano alcuni dei protagonisti, mafiosa era la matrice dell’estorsione, ma la mafia nulla c’entrerebbe con il pestaggio. Si deve attendere la motivazione della sentenza, ma appare questa la chiave di lettura del processo che, in appello, si è concluso con lo sconto di pena per Giuseppe Castelluccio e Massimiliano Di Majo. Hanno avuto rispettivamente 13 anni e 4 mesi e 10 anni, contro i sedici del primo grado. Per Di Majo è stata esclusa l’aggravante mafiosa. Il processo è scattato dopo l’aggressione a un commerciante di Palermo che è stato picchiato il 2 novembre 2013 con con un mazzuolo davanti al suo negozio, una piccola bottega di casalinghi nel quartiere Noce.

Il commerciante disse di aver subito l’aggressione per essersi rifiutato di pagare il pizzo. Nel processo con rito ordinario, a febbraio, la quinta sezione del Tribunale di Palermo aveva condannato a 16 anni Giovanni Buscemi e a 16 anni e 8 mesi Carlo Russo, accusati di mafia ed estorsioni. Erano stati assolti Angelo De Stefano e Cherki El Ghana (imputati per il tentato omicidio), e Marco Neri (estorsione).

Il pestaggio avvenne in pieno giorno. Un’azione dimostrativa per fare capire a tutti, così ritiene l’accusa, che la regola del pizzo restava ferrea. E nessuno poteva violarla. E invece, nonostante le botte, dal quartiere Noce di Palermo sarebbe arrivato un esempio di ribellione. Certo il peggio poteva essere evitato se solo il commerciante avesse vinto la paura rivolgendosi subito alle forze dell’ordine.

Otto persone finirono in manette con l’accusa di tentato omicidio. A cominciare da Castelluccio, che a soli 37 anni sarebbe diventato il nuovo capomafia della Noce. Da falegname a presunto boss. Il blitz della sezione Criminalità organizzata della Squadra Mobile prese le mosse dalle immagini di una videocamera di sicurezza.

Il piccolo negoziante, appena finita di scontare una pena, aveva deciso di aprire una bottega di detersivi nel cuore del popolare quartiere palermitano. E si sarebbe subito scontrato con il clan che gli contestò di non avere chiesto l’autorizzazione per aprire l’attività commerciale e di non essersi messo a posto. I boss pretendevano tremila euro, poi scontati del cinquanta per cento.

“Sei uno sbirro, un cornuto e sbirro”, gli urlavano. E giù botte con un grosso martello: “Ricevuto il primo colpo all’occhio sono caduto per terra… mi colpiva come una furia ripetutamente alla testa e sentivo i calci che mi sferravano altre persone”. Anche il fidanzato della figlia del commerciante cercò di fermare la furia degli aggressori. Furono necessari due mesi di ricovero in ospedale per curare le ferite al volto e alla testa. Il ragazzo è stato due giorni in coma. Gli dovettero mettere una placca nel cranio.

Quando il commerciante venne avvicinato dagli esattori commise l’errore di cercare la mediazione di un amico che lo rassicurò: gli avrebbe fatto ottenere uno sconto. Poi, il rifiuto: non pago. E quella frase: “Vi denuncio”. E così al negozio si sarebbe presentato Castelluccio, a cui disse che voleva cambiare vita. Il negoziante disse allora che era stato alla polizia. A quel punto sarebbe scattata la spedizione punitiva. Alla luce dei due processi, però, non ci sarebbe correlazione fra la presunta appartenenza a Cosa nostra di alcuni degli imputati e il pestaggio.

 


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