14 Luglio 2014, 20:10
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PALERMO – Si chiama Piano. Ma bisogna essere veloci. Velocissimi. Altrimenti sei fuori. Come sono rimasti fuori tanti ragazzi. Migliaia di aspiranti candidati al primo bando del Piano giovani. Quello per i tirocini formativi. Già “sold out” al primo giorno utile. Un caos. Denso di dubbi, proteste e rivendicazioni. Dubbi che vi chiediamo di esprimere, utilizzando le pagine di questo giornale. Raccontate qui, insomma, le vostre disavventure o chiedeteci chiarimenti che proveremo a girare all’assessore e ai dirigenti dell’assessorato. Per evitare, magari, che certi problemi si possano ripetere nelle prossime settimane.
Intanto, una cosa è certa. L’Avviso da oltre 19 milioni, che aprirà a duemila tirocini formativi in azienda, si è trasformato in un quiz. In un televoto. Dove la qualità più utile, forse decisiva, è la rapidità. La prontezza. La stessa che ha lasciato con un palmo di naso decine di aspiranti candidati, oggi, al Centro per l’impiego. A chiedere il “Patto di Servizio”. Un documento, a dire il vero, espressamente richiesto dal bando. Un bando che, però, apriva oggi alle iscrizioni. Che sembrava dare il tempo, insomma, ai giovani sprovvisti di quell’atto, di procurarselo. E invece, mentre in tanti facevano la fila, i posti erano già esauriti. Qualcuno se l’era cavata “iscrivendosi” su un foglio volante alla porta del Centro fin dall’alba. Alle 6 e mezza gli iscritti erano già in cento. Per la maggior parte di quei ragazzi, file interminabili e inconcludenti. Se ne parlerà al prossimo giro. Forse.
Già, forse. Perché alla ressa di oggi agli uffici di Viale Regione potrebbe aggiungersi un’altra immagine un po’ triste. Umiliante per i tanti giovani siciliani. Ce li immaginiamo già, il prossimo mese, quando si riapriranno i cancelli virtuali per altri 800 curricula, davanti al monitor. Mouse in mano. Occhi alle lancette: “Stavolta devo fregare gli altri”.
In questo quadro, resta sullo sfondo un aspetto che invece dovrebbe apparire centrale. Il vero pilastro del Piano giovani: il merito. Il reale valore del curriculum. La possibilità che uno di quei giovani, alla fine di un tirocinio da 500 euro al mese, possa davvero trovare un lavoro. Il vero obiettivo del Piano per i giovani più veloci.
Per carità, restano intatte le buone intenzioni. Resta pregevole lo spirito alla base di questa “prima puntata” del grande Piano per la formazione. Levare i soldi alla maciugghia dei tanti enti sforna-parrucchiere, per offrirli, come ha enfaticamente ripetuto a più riprese l’assessore Scilabra, “alla mia generazione”.
Ma la generazione dell’assessore è più ampia, forse, di quanto lo stesso assessore oggi non riesca a scorgere. E dentro quella mega-generazione, non si trovano solo degli Husain Bolt del web. E lo diciamo senza spirito polemico. Ma sommesamente, ponendo alcuni interrogativi a chi finora sta gestendo le operazioni del bando. Domande che, per intenderci, ci stanno piovendo addosso dai tanti giovani rimasti fuori. E persino dagli 800 “fortunati”. Dagli 800 Bolt.
Il bando, è vero, lo prevedeva esplicitamente: si andrà avanti con 800 iscrizioni per volta. Per giungere al risultato finale di 2 mila tirocini. Alla fine di ogni “infornata”, i ragazzi rimasti fuori dovranno provare l’iscrizione al giro successivo. Altro giro, altra corsa (ed è davvero il caso di correre). Insomma, i dubbi. Sostenuti e corroborati dall’esperienza diretta. L’azienda su cui poggia questo giornale è tra le migliaia di aziende iscritte al portale. Oggi sono arrivati i primi curricula di giovani interessati. Un aspirante ballerino. Un aspirante barman. C’è qualcosa che non quadra. Anzi, più di una.
Un esempio, pratico, praticissimo. Mettiamo caso, giusto per restare nel settore in cui ci muoviamo, che tra tutte le aziende iscritte, vengano ricercate appena cinque posizioni da giornalista. Cinque tirocini per fare questo mestiere. E poniamo il caso, però, che gli aspiranti giornalisti presenti tra gli 800, siano quaranta. Ammesso che cinque di questi trovino effettivamente un posto dove compiere il proprio tirocinio (trovino, per dirla col bando, un “soggetto ospitante”), che fine faranno gli altri trentacinque? Stando così le cose staranno, sostanzialmente, in attesa. Senza motivo. E senza una speranza. Un “deserto dei Tartari” della Formazione. Quei Tartari, cioè quelle aziende, non arriveranno più. Quei posti sarebbero già presi. E loro sarebbero già fuori.
Più fortunati, a quel punto, sarebbero gli esclusi. Che, nella migliore delle ipotesi, si troveranno costretti a provarci, riprovarci, riprovarci ancora. Due, tre, quattro volte. Sperando di arrivare un po’ prima della posizione milleeduecento, o novecentoventidue. Sperando di arrivare, insomma, non più tardi di 799 colleghi aspiranti tirocinanti più veloci di loro. Più veloci. Perché il peso del curriculum non conta nulla. Non conterà. E alla fine dei “giochi”, potrebbe delinearsi il paradosso. I migliori, in linea teorica, potrebbero semplicemente restare fuori. Alle aziende potrebbero andare i più veloci, certo, ma non i più bravi. Quelli da “tenersi in casa”, alla fine del tirocinio.
Che poi, anche la traduzione del tirocinio in un posto di lavoro è, quantomeno, aleatoria. Le imprese intanto incassano. Poi si vedrà. Non c’è nessun obbligo di assumere. Così, intanto, le imprese “portano a casa” un doppio successo. Che con questi chiari di luna, non è da scartare. Intanto, mettono dentro un giovane lavoratore (o quasi lavoratore) per sei mesi, con uno “stipendio” pagato da qualcun altro (da Italia Lavoro spa, per la precisione). Ma non solo. Alle imprese andranno 250 euro al mese per ripagare “lo sforzo” di formare quel giovane. Sei mesi, e tanti cari saluti. Al prossimo giro. Al prossimo bando del Piano. Intanto, ragazzi, vi chiediamo di raccontarci come sono andate davvero le cose. I vostri dubbi e le vostre preoccupazioni. Li gireremo all’assessorato in vista dei prossimi step di quello che chiamano Piano. Ma per il quale bisogna essere veloci.
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14 Luglio 2014, 20:10