Il pianto di Barack| è un grazie al suo staff - Live Sicilia

Il pianto di Barack| è un grazie al suo staff

Ieri sera al McCormich Centre di Chigago, il presidente degli Stati Uniti ha ripercorso la sua storia privata e politica, per poi ringraziare tutti i suoi sostenitori con voce spezzata e occhi colmi di lacrime, nella speranza che il suo secondo e ultimo mandato sia l'ispirazione per un viaggio più lungo per tutti coloro che hanno creduto in lui.

IL DISCORSO DEL PRESIDENTE
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CHICAGO – Dal quartiere generale della sua campagna elettorale, il neo presidente degli States per la seconda volta Barack Obama ha spiazzato tutti, con un discorso ispirato come non mai e una voce spezzata che nessuno aveva mai sentito prima.

Il discorso del presidente ai suoi sostenitori, riunitisi ieri sera al McCormick Centre di Chigago, ha ripercorso tutta la sua storia politica, dagli inizi nella periferia sud della città, quando il giovane Barack conobbe speranze e aspirazoni della gente comune, lavorando alacremente per superare anche le delusione. Il percorso di un ragazzo che si trasformava in uomo, senza perdere di vista la gente più povera e soprattutta la loro salute: ancora una volta Obama ha ricordato il suo impegno nella riforma sanitaria, quell’Obamacare acclamato a gran voce dai meno fortunati e che fa storcere il naso alsoprattutto alla classe media.

Ed è ringraziando il suo staff e tutti i ragazzi che hanno creduto in quel progetto – che il presidente stesso ha definito “un ciclo” – che la voce dell’uomo più potente degli Stati Uniti si è spezzata, gli occhi si sono colmati di lacrime, lacrime di gioia e di tensione: il suo lavoro e soprattutto il lavoro dei suoi sostenitori “rimarrà nei libri di storia”. E se il ciclo si è concluso con la conferma del suo secondo mandato, il viaggio è solo iniziato: la speranza di Obama è che i prossimi quattro anni possano essere solo un trampolino di lancia per chi ha creduto in lui, supportandolo in una campagna elettorale difficile e stringata, che però l’ha portato ancora una volta alla poltrona dello studio ovale, in quella Casa Bianca che mai prima di lui aveva visto un presidente di origini afroamericane.


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