23 Luglio 2011, 18:39
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Vere e proprie ‘don’ in gonnella, emancipate e scolarizzate, che spesso occupano ruoli chiave all’interno delle cosche, gestendo in prima persona gli aspetti finanziari delle attivita’ criminali. Così, in sintesi, Teresa Principato, della direzione distrettuale antimafia di Palermo, ha descritto l’evoluzione della donna nelle organizzazioni mafiose. Il magistrato ne ha parlato in un incontro organizzato nell’ambito del primo raduno nazionale di Libera a Firenze.
‘‘L’ emancipazione femminile è penetrata anche nella mafia – ha spiegato – dove le donne, adesso, sono più scolarizzate e forse più in gamba degli uomini. In questa fase, nella quale Cosa nostra non compie atti di sangue, la donna si è ritagliata un ruolo attivo e spesso essenziale, occupandosi della gestione dei profitti e degli aspetti finanziari dell’attività delle cosche”. Fino a non molti anni fa, ha poi ricordato Principato, vigeva ”lo stereotipo secondo il quale la donna di mafia era invisibile, succube e silenziosa spettatrice, non partecipe dei crimini compiuti da compagni, mariti e parenti maschi. La prima condanna di una donna per associazione mafiosa, infatti, risale appena al 2001”.
Nel corso del tempo, però, ha spiegato il magistrato, ”questa immagine si è rivelata in molti casi non corrispondente al reale, e molte donne di mafia si sono dimostrate portatrici dei disvalori della criminalità organizzata più dei loro uomini. Ciò è emerso molto chiaramente con il fenomeno del pentitismo, che ha mostrato come talvolta mafiosi disposti a collaborare sono stati ostacolati, bloccati o convinti a non farlo dalle loro stesse compagne, evidentemente piu’ mafiose di loro: e questo anche attraverso la minaccia di non far loro più vedere i figli”. All’incontro di questo pomeriggio hanno preso parte, tra gli altri, il presidente di Libera don Luigi Ciotti, il presidente onorario di Libera Nando Dalla Chiesa e il procuratore di Torino Giancarlo Caselli.
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23 Luglio 2011, 18:39