17 Settembre 2020, 17:01
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PALERMO- “Sì, adesso sono di base a Collesano, dove c’è un convento. Accogliamo donne sole, che hanno bisogno di sostegno”. Frate Loris D’Alessandro punteggia il cammino come la speranza. Lo incontri ed è sempre un ritrovarsi bellissimo. Lo perdi un attimo di vista, mentre lui è impegnato a confortare le persone in disarmo. Ma rimane un punto fermo. Lui, ragazzo dello Zen, educato da una madre rimasta presto vedova alla scuola del bene. Lui, amico dei carcerati, come cappellano e non solo, sempre pronto ad accorrere. Lui, come don Roberto Malgesini, assassinato a Como, un uomo di Dio che ha piantato la sua fede per strada. Lui che si trovò, quando era missionario in Congo, sotto il tiro di un machete. E per un pelo adesso è nelle condizioni di raccontare la storia.
“Sono a Palermo, sto tornando a Collesano – dice Loris al telefono -. Ci sono due donne del ‘Pagliarelli’ ai domiciliari da noi, perché, altrimenti, non avrebbero dove andare. Altre che vengono in permesso e poi le riaccompagno. E c’è un’altra persona che non ha nessuno. Sapessi che sorriso mi ha fatto, quando ci siamo incontrati”.
“Don Roberto – continua Loris – ha speso la sua vita per Dio e per gli ultimi. La tragedia che è accaduta, nella sua esistenza profetica, è talvolta il prezzo da pagare per l’amore. Può succedere. Metti in conto che possa succedere. Quando ero in Congo, volevano ammazzarmi a colpi di machete. In Sicilia, nei nostri giri con i volontari, ci è capitato di prendere sputi, di essere aggrediti verbalmente e fisicamente. La povertà è terribile. Quando è accompagnata dalla perdita dei valori fa ancora più male. E i sentimenti di chi sta male sono forti e diversificati. C’è la rabbia. C’è il rancore. C’è il sentirsi non amati e questo sfocia nell’aggressività. E, quando ti occupi delle ragazze prostituite, schiave della tratta, i pericoli aumentano”.
Tanti sono i cammini e in qualche punto si incrociano. “Conosco don Roberto Malgesini indirettamente, frequentando anch’io il carcere. Una donna che lavora in un istituto mi ha riferito del suo sorriso particolare, della sua dolcezza speciale, del modo accogliente con cui si occupava delle persone di cui pochi si occupano. Ripeto: la nostra scelta è per Dio e dunque per il prossimo. Don Tonino Bello diceva che i poveri sono il luogo teologico dove Dio si manifesta. Ma tutti, i laici cristiani, possono impegnarsi. Tutti siamo chiamati alla solidarietà. Non c’è nessuno che sia legittimato a tirarsi indietro. Nessuno che possa legittimamente pensare: no non tocca a me”.
Cammini strappati. Cammini che continuano. E un altro giorno che sta per tramontare in un tempo di pandemie e di anime sole. “Sì – conclude il frate di Collesano -. La solitudine è il male più terribile. Vado in pizzeria con i senzatetto e accadrà di nuovo a breve. Niente di speciale. Una pizza. Una birra. Ma loro si sentono a casa, si sentono ascoltati. Un amico una volta mi ha detto: ‘Sai, Loris, io posso stare anche due giorni senza mangiare. Ma è la solitudine che mi uccide”.
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17 Settembre 2020, 17:01