Cronaca

Il processo a Salvini, Caselli: “La politica non vuole essere giudicata”

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15 Settembre 2024, 10:47

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ROMA – “È diventata un’abitudine quella di criticare un magistrato. Così facendo si realizza un paradosso. Chi fa il suo dovere anche nei confronti di un politico, indagandolo per questo o quel reato, finisce a sua volta sul banco degli imputati ed è paradossalmente accusato lui di fare politica”.

Lo spiega Gian Carlo Caselli, ex procuratore di Palermo e Torino, magistrato di lungo corso, in un’intervista al Corriere della Sera dove commenta il caso Open Arms e la richiesta di condanna per il ministro Matteo Salvini, con Giorgia Meloni che parla di fatto ‘incredibile’.

Processo a Salvini, le parole di Caselli

“Al solito: il problema è il magistrato che osa indagare sul politico”, osserva, aggiungendo che “ovunque nel mondo, il politico sotto accusa si limita a difendersi, magari criticando il processo ma, certo, accettando la giurisdizione. Tranne qui. Nel nostro Paese, antesignano Silvio Berlusconi, il politico ha preso l’abitudine di considerare giusto ciò che conviene e per meglio ottenere questo risultato si spinge a distorcere le parole”.

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L’intervista al Fatto

In un’intervista al Fatto quotidiano Caselli rimarca il concetto: “Se Meloni interviene a piedi giunti su un processo in corso, bisogna essere qualcosa in più di un giudice intellettualmente onesto per fare il proprio lavoro, nell’unico Paese al mondo dove la politica non accetta di essere giudicata”.

E poi un commento sul caso Toti che ha deciso di patteggiare: “Si patteggia quando non si è convinti di poter dimostrare la propria innocenza. Chi patteggia riconosce che le accuse a suo carico non possono essere smontate facilmente, ci sono degli elementi probatori robusti. Dire che invece così viene smontato il teorema della procura, l’imputato vince e la procura è asfaltata, è appunto distorcere il significato delle parole, non per far passare una verità, ma far passare quel che conviene a me”.

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15 Settembre 2024, 10:47

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