Trattativa, l’audizione di Napolitano | I boss e Mancino non ammessi

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09 Ottobre 2014, 10:40

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(di Lara Sirignano) (ANSA) – PALERMO, 9 OTT – L’imbarazzo è evitato. Totò Riina e Leoluca Bagarella, boss stragisti da anni al carcere duro, non assisteranno alla deposizione del capo dello Stato, al Quirinale, nel processo sulla trattativa Stato-mafia. Stessa sorte avrà l’ex ministro Nicola Mancino, anche lui, come i due padrini, imputato al dibattimento. Con un’ordinanza di appena cinque pagine, la corte d’assise di Palermo ha respinto le istanze dei due capimafia e dell’ex politico democristiano che avevano espresso la volontà di ascoltare, gli uni tramite il collegamento in videoconferenza, l’altro di persona, le parole di Giorgio Napolitano.

E ha bocciato pure il parere favorevole dei pm che, temendo che una esclusione degli imputati potesse essere l’anticamera della nullità del processo, avevano espresso parere favorevole alle loro istanze. Ribadendo quanto avevano anticipato all’udienza in cui decisero che il presidente della Repubblica dovesse deporre, dunque, i giudici hanno escluso la presenza all’udienza degli imputati (e di una parte civile che ne aveva fatto richiesta). L’argomentazione sostenuta poggia fondamentalmente su due aspetti: l’immunità riconosciuta anche dalla Costituzione al Quirinale, la sede in cui Napolitano verrà sentito dai giudici, e la confutazione del principio sostenuto dalle difese e dai pm a favore della presenza dei tre imputati, cioè la possibile lesione del diritto alla difesa. Il Colle, sostengono i giudici, gode di prerogative particolari che escludono, ad esempio, la presenza delle forze dell’ordine e impediscono al giudice, di conseguenza, di ordinare l’accompagnamento di un imputato detenuto con la scorta. Il divieto generale, poi, per mafiosi come Riina e Bagarella di assistere di persona ai processi (la legge impone per loro la presenza in videoconferenza) è un ulteriore motivo per rendere impensabile una loro presenza al Quirinale.

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Né, sostiene la corte, si può ricorrere al collegamento video perché la legge lo autorizza soltanto per le attività processuali da svolgersi in udienza. E l’audizione del capo dello Stato, che si tiene al Colle, non rientra tra queste. Infine – e questo è il passo più spinoso che potrebbe consentire in ogni stato e grado del processo una istanza di nullità del dibattimento, – per la corte non ci sarebbe lesione del diritto di difesa. “Il diritto di difesa – spiegano i giudici – è adeguatamente assicurato dall’assistenza tecnica dei difensori che lo esercitano in forza di un potere di rappresentanza legale, nonché della facoltà degli imputati, nel prosieguo del dibattimento, di far valere, nelle forme e nei tempi prescritti, ogni difesa ritenuta utile anche in relazione all’atto istruttorio che viene assunto al di fuori dell’aula di udienza”. Teoria poco attuabile nella pratica: se Riina, ad esempio, riascoltando la deposizione, volesse porre una domanda a Napolitano attraverso il suo legale, come potrebbe farlo? La questione resta seria e suscita non pochi timori nei pm che in un eventuale azzeramento del processo vedono un grave rischio prescrizione. Affilano intanto le armi i legali degli imputati. E se l’avvocato di Mancino ha già eccepito la nullità dell’ordinanza, quello di Riina, Luca Cianferoni, parla di “decisione giuridicamente errata”. Opposti i commenti politici: Pd e Nuovo Centro Destra plaudono alla decisione dei giudici. Unica voce fuori dal coro quella dei 5 Stelle, che chiedono che il Parlamento partecipi all’audizione di Napolitano.

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09 Ottobre 2014, 10:40

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