25 Maggio 2020, 18:23
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PALERMO – Cade l’accusa di tentato omicidio. L’imputato Vincenzo Maranzano, condannato in primo grado a 15 anni e 8 mesi, è stato assolto in appello.
Una guerra fra bande che si contendevano le piazze dello spaccio provocò un conflitto a fuoco per le strade dello Zen. In un altro processo Vincenzo Viviano è stato condannato a 8 anni di carcere con sentenza ormai definitiva. Secondo l’accusa, erano stati entrambi a fare fuoco contro Khemais Lausgi nell’ottobre 2016.
Lausgi, 34 anni, tunisino di origini, ma palermitano di nascita, mentre si trovava in via Costante Girardegno, fu colpito al torace, al braccio e al gluteo. Pochi giorni prima il bersaglio di un altro tentato omicidio era stato Benedetto Moceo, 48 anni, ferito al termine di un inseguimento sui tetti delle case della stessa strada. Si scoprì che a fare fuoco era stato il figlio, Calogero Moceo. L’assenza del giovane ventenne aveva insospettito i poliziotti. Avevano sparato al padre, ma Calogero non si era fatto vivo. Né con una chiamata ai familiari, né con una visita all’ospedale Villa Sofia. La sera stessa del tentato omicidio Calogero era salito su un treno con destinazione Bologna dopo avere fatto tappa a Napoli. E fu arrestato.
Moceo padre era stato pizzicato qualche mese prima all’interno di un magazzino. Nascondeva nove involucri di cocaina e una busta con 29 dosi di marijuana e hashish. L’ipotesi, dunque, è che il secondo tentato omicidio sia stato la reazione al primo. Qualcuno aveva risposto al ferimento di Lausgi, divenuto il ras dello spaccio di droga controllato da Cosa Nostra, prendendo di mira Benedetto Moceo. Qualche tempo dopo a Lausgi è stata sequestrata una lussuosa villa a Carini, frutto dei traffici di droga Quindi finì sotto inchiesta per un altro grave episodio di cronaca. Avrebbe violentato una donna nel parcheggio di una discoteca a Villagrazia di Carini).
A fare breccia nel collegio presieduto da Matteo Frasca sono stati i motivi di appello scritti dall’avvocato Rosanna Vella. L’unico testimone del tentato omicidio riferì che a fare fuoco era stato un solo uomo, e non due, che impugnava la pistola con la mano sinistra. Una perizia stabilì che Maranzano è Mancino. Ed invece una controperizia voluta dal legale della difesa ha dimostrato che l’imputato per le piccole e grandi faccende quotidiane utilizza solo la mano destra. In origine era mancino, ma come accadeva in passato veniva considerato un difetto da correggere.
Non solo: la perizia per rintracciare eventuali tracce di polvere da sparo era stata eseguita solo sulla mano destra di Maranzano. Le tracce c’erano, ma il legale ha portato le prove che nel giorno in cui veniva commesso il tentato omicidio Maranzano aveva sparato dei petardi.
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25 Maggio 2020, 18:23