31 Ottobre 2022, 04:59
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PALERMO – Ventuno documenti e 855 pagine. È questa l’estensione degli allegati all’ordinanza emessa dal presidente delle Sezioni riunite della Corte dei conti Salvatore Pilato che sta curando l’istruttoria che porterà al giudizio di Parifica sul Rendiconto 2020 della Regione Siciliana. Tanti i punti oggetto dell’analisi. Il punto cruciale è il ripiano del disavanzo 2019. I giudici passano in rassegna il ciclo del bilancio, il risultato di amministrazione ma anche i dossier sanità, enti locali, spesa per il personale e fondi comunitari. Si tratta di una lettura complessa e lunga di un diario degli errori in cui spesso torna la parola anomalia e in cui i segni positivi sono accompagnati da quelli negativi.
Nel focus che si occupa delle “Risultanze generali del rendiconto per l’esercizio 2020”, i magistrati istruttori Tatiana Calvitto, Antonio Tea e Massimo Giuseppe Urso sollevano tante osservazioni. Tra queste c’è quello sul valore della cassa che pur essendo cresciuto del 117,26 per cento rispetto all’anno prima (il valore è pari a 3,09 miliardi) è comunque inferiore a quello che sarebbe dovuto essere (6,13 miliardi, valore della cassa vincolata) per 3,03 miliardi.
Tutto inizia nel 2019 quando dalla parifica del rendiconto 2018 emerge un maggiore disavanzo per oltre un miliardo. A questo si sommavano 916 milioni di disavanzo da recuperare dagli anni precedenti. Allora l’unica soluzione, secondo le norme vigenti, era il ripiano triennale. Per la Regione sarebbe stato un salasso e per evitarlo il 27 dicembre il governo riuscì a strappare il ripiano decennale a patto che entro 90 giorni entrasse in vigore un accordo tra lo Stato e la Regione in cui venissero fissate le azioni per il risanamento. L’accordo fu siglato oltre un anno dopo: il 14 gennaio 2021.
Come si legge nella relazione, già l’anno scorso, “le Sezioni riunite, in forza del principio “tempus regit actum”, hanno affermato che il ripiano decennale non avrebbe potuto trovare applicazione negli esercizi 2019 e 2020”. In altre parole, l’accordo per il ripiano decennale e una norma nazionale a esso collegato non possono avere effetti per il passato. E ciò perchè, in assenza della loro entrata in vigore, valevano altre regole a cui la Regione avrebbe dovuto uniformarsi: quelle del ripiano triennale. Numericamente, in quei due anni sono rimasti da spalmare, così, 866 milioni di euro.
Che succede adesso? Per quanto la relazione sia un atto istruttorio e le conseguenze definitive saranno fissate con il giudizio di Parifica, è la Corte dei conti stessa a indicare la strada che a suo avviso andrebbe seguita. “Devono essere ricordate – si legge nella relazione – le essenziali regole che impongono il ribaltamento all’esercizio successivo del mancato rientro dal disavanzo programmato, salva la possibilità di un suo recupero, ‘negli esercizi considerati nel bilancio di previsione, in ogni caso non oltre la durata della legislatura regionale’”. Il vecchio disavanzo andrebbe così ripianato (sempre che il giudizio di parifica sia emesso entro l’anno) nel triennio 2022-2024, i primi dell’era Schifani.
Ora la Palazzo d’Orleans dovrà preparare le sue contromosse. Negli scorsi mesi lo scontro tra Regione e Corte dei conti è arrivato fino alla Corte costituzionale. Già in questo documento, la Corte dei conti stessa riconosce come la Regione ha basato la sua azione su delle norme ma ne segnala la non corretta applicazione.
La Corte si spinge però oltre e getta sul Rendiconto 2020 ulteriori ombre sui conti. La relazione avanza, infatti, dubbi di incostituzionalità verso la norma del decreto legislativo di attuazione dello Statuto del 27 dicembre che consente il ripiano decennale e sull’art. 4 della legge regionale 30 del 2019, l’articolo con cui si spalmava il disavanzo.
Con estrema semplificazione, secondo i magistrati, in particolare, non sarebbe possibile, per contrasto con la Carta, recuperare in dieci anni i 916 milioni di disavanzo vecchio non recuperato. “Occorre accertare – affermano – se l’atto di imputazione al bilancio previsionale del quantum di disavanzo pregresso sia compatibile con l’attuale assetto costituzionale, potendo condizionare – aggiungono -, in tutto o in parte, il giudizio finale sul Rendiconto generale all’esame”.
Tutto è ancora da decidere. Certo, se la questione dovesse essere rimessa alla Consulta i tempi si dilaterebbero ma la posta sarebbe altissima: eventuali esiti negativi porterebbero infatti sul bilancio della Regione un’ulteriore scure.
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31 Ottobre 2022, 04:59