16 Novembre 2014, 07:18
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Sono tante le domande che nascono mentre leggiamo, con una indignazione crescente incomprimibile, le notizie di queste ore sulle pesanti minacce mafiose rivolte ai magistrati della Procura di Palermo che indagano sulla trattativa Stato-mafia, mentre partecipiamo al corteo di solidarietà fino al Palazzo di Giustizia da cui scende per ringraziare i cittadini e i giovani di molte scuole palermitane intervenuti, scuro in volto e circondato da numerosi agenti di scorta, il pm Nino Di Matteo. Un boss mafioso “di rango”, rinvio alle puntuali cronache di Livesicilia per i dettagli, ha rivelato l’esistenza di un piano per uccidere Di Matteo, un piano in avanzato stato di realizzazione con il tritolo e il telecomando già pronti per l’uso. E, ancora una volta, agghiacciante, si torna a parlare di probabili mandanti esterni alla mafia.
Com’è possibile, dopo 22 anni dalle stragi di Capaci e di via d’Amelio, ripiombare nell’incubo, in quel clima di morte che ben ricordiamo con l’angoscia opprimente rimasta indelebile nell’animo di chi l’ha vissuto? In realtà, da almeno un paio d’anni si susseguono gravi intimidazioni di varia natura, mafiosa e non, ma convergenti, nei confronti di magistrati di diverse Procure siciliane. Magistrati impegnati sul fronte di delicatissime indagini, con processi in corso, riguardanti alcuni misteri della nostra storia repubblicana. Mi riferisco, in particolare, alle stragi di mafia del 92-93 e al patto sciagurato tra pezzi dello Stato, servizi segreti deviati, ambienti massonici e Cosa Nostra che pare stia dietro a quella tremenda stagione di sangue. Purtroppo non sono fantasie da film. Non può esserci dubbio, sarebbe ingenuo pensare che tutto si esaurisca nelle storie criminali di boss e gregari, permangono sicuramente quelle “menti raffinatissime”, e i loro eredi, di cui avevano parlato Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, autentici burattinai rimasti nell’oscurità. Com’è possibile, dopo tanto sangue innocente sparso, essere tuttora ostaggio di una banda criminale e di manovratori esterni ad essa che non riusciamo a sconfiggere definitivamente?
Finché il nostro Paese non farà piena luce sulle pagine buie del suo periodo più recente avremo una democrazia debole, incompiuta, in balia di poteri occulti e criminali. Troppi misteri rimasti tali, dal dopo guerra a oggi, troppe mezze verità, troppi processi che si sono conclusi senza colpevoli. Come se una maledizione ci impedisse di liberarci da trame, collusioni e connivenze perpetrate all’ombra di un’architrave finora non completamente disvelata che ha visto complici, in una continua azione antidemocratica di destabilizzazione, ce lo dicono migliaia di pagine di fascicoli processuali, apparati infedeli, schegge massoniche, cupola mafiosa e frange terroristiche. La parte sana dello Stato non è riuscita, evidentemente, a sviluppare i naturali anticorpi per guarire per sempre da una malattia che periodicamente sembra riacutizzarsi.
Insufficiente il rafforzamento delle misure di sicurezza, assolutamente necessario, se non si cercherà al contempo, con un serio lavoro di intelligence di ausilio ai magistrati, di colpire a monte, prima che possano agire, le “menti raffinatissime”, gli autori dei tentativi di impaurire, inquinare, depistare, magari ricorrendo a nuove uccisioni per mano mafiosa, nascosti nelle stanze che contano. Inutili le dichiarazioni di solidarietà del mondo politico, se poi non facciamo contemporaneamente uno sforzo comune, a cominciare da chi riveste importanti ruoli pubblici, per aiutare i magistrati, che rischiano quotidianamente la vita, a individuare i veri mandanti, per scopi non confessabili, di crimini efferati. In definitiva, occorre andare all’origine del cancro, battere collusi e criminali sul tempo e favorire il raggiungimento della verità con volti, nomi, collegamenti. Solo così potremo impedire altre stragi, solo così potremo restituire dignità e credibilità alle nostre istituzioni democratiche.
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16 Novembre 2014, 07:18