Politica

Il senso di Draghi per il Sud

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05 Febbraio 2021, 06:11

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Era il 26 novembre 2009. Mario Draghi, allora governatore della Banca d’Italia, apriva così l’incontro su “Il Mezzogiorno e la politica economica in Italia”. Un discorso in cui spicca una frase sintesi: “Abbiamo tutti bisogno dello sviluppo del Mezzogiorno”. Descrivendo un quadro economico che negli undici anni successivi purtroppo sarebbe addirittura peggiorato, Draghi invitava a “riesaminare il problema che ha segnato la storia economica d’Italia fin dalla sua Unità”. E a farlo con una sana dose di pragmatismo.

“Affinché il Mezzogiorno diventi questione nazionale, non retoricamente ma con ragionato pragmatismo, ogniqualvolta si disegni un intervento pubblico nell’economia o nella società occorre avere ben presenti i divari potenziali di applicazione nei diversi territori e predisporre ex ante adeguati correttivi – disse in quell’occasione Draghi -. Interventi di politica regionale tradizionale potranno dare un contributo solo se congegnati in coerenza con gli interventi generali”.

Emergenza Mezzogiorno

Così non avvenne. Anzi, negli anni che seguirono trovò applicazione il folle federalismo “Robin Hood al contrario” del criterio della spesa storica, quello per cui se un comune del Nord ha quattro asili e uno del Sud zero, voleva dire che non bisognava dare soldi al secondo per gli asili perché evidentemente non gli servivano. A qualcuno sembrerà incredibile ma questo è accaduto in Italia, ampliando sempre più il tragico divario tra i diritti di chi nasce nel Mezzogiorno e gli altri italiani. E alimentando quel processo di nuova emigrazione, soprattutto di giovani qualificati, che sta svuotando la Sicilia e il Sud derubando il futuro.

“Meccanismi correttivi”

Osservava Draghi nel 2009: “Politiche pubbliche uniformi producono infatti effetti diversi a seconda della qualità delle amministrazioni e del contesto territoriale. Nel definire la normativa e le risorse si deve tenere conto di questi aspetti; si devono anche prevedere meccanismi correttivi, che operino quando la qualità del servizio fornito alla collettività è inadeguata”.

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Due Paesi

Perdere di vista questo principio di buon senso e realtà significa condannare il Mezzogiorno a morte certa. Scrivevamo solo un mese fa che sarebbe quanto mai scellerato pensare di affrontare l’emergenza senza precedenti della pandemia dimenticando che l’Italia, dal punto di vista economico non è un Paese ma sono due. Perdere di vista la differenza abissale tra il Mezzogiorno e il resto della nazione nel progettare interventi anticiclici che aiutino gli italiani finiti in ginocchio a rimettersi in piedi sarebbe non solo cieco ma disonesto.

Futuro, non sussidi

Ora che Draghi è stato chiamato alla sfida cruciale dal Presidente della Repubblica e che un suo governo potrebbe nascere con un consistente sostegno parlamentare è ora di applicare quei principi ragionevoli esposti dall’allora governatore nel 2009. E coniugarli con quelli esposti dalo stesso Draghi solo pochi mesi fa, era l’agosto 2020, al Meeting di Rimini: “Ai giovani bisogna dare di più: i sussidi finiranno e resterà la mancanza di una qualificazione professionale, che potrà sacrificare la loro libertà di scelta e il loro reddito futuri”, disse in quell’occasione l’ex presidente della Bce. Ma quei giovani a cui dare di più sono anzi tutto quelli del Mezzogiorno, i primi a sperimentare l’asfissia di un territorio sempre più condannato a vivere di sussidi. Per farlo c’è l’occasione offerta dal Recovery Fund, che può essere il “debito buono” di cui Draghi parlò al Meeting contrapponendolo a un “debito cattivo”: il primo è quello che finanzia la crescita, l’altro è quello puramente assistenziale.

Draghi e il Sud: migliorare i servizi

Una traccia di programma c’è già. Basta che il professore rilegga il suo intervento del 2009. Ad esempio nella parte in cui sosteneva che “i sussidi alle imprese sono stati generalmente inefficaci: si incentivano spesso investimenti che sarebbero stati effettuati comunque; si introducono distorsioni di varia natura penalizzando frequentemente imprenditori più capaci. Non è pertanto dai sussidi che può venire uno sviluppo durevole delle attività produttive. Insomma, occorre investire in applicazione, piuttosto che in sussidi – proseguiva Draghi -. Tradurre questa impostazione in atti concreti di governo non è facile. Si deve puntare a migliorare la qualità dei servizi forniti da ciascuna scuola, da ciascun ospedale e tribunale, da ciascun ente amministrativo o di produzione di servizi di trasporto o di gestione dei rifiuti”. Riuscirà “Super Mario” a passare dalle parole ai fatti? La totale assenza della questione meridionale nel dibattito pubblico non ci fa sperare molto. Lo spessore del personaggio ci spinge però a un’apertura di credito sforzandoci di augurarci, spes contra spem, che la pioggia di fondi del Recovery possa essere l’occasione buona. Difficilmente ce ne saranno altre.

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05 Febbraio 2021, 06:11

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