Il sequestro di beni ai Niceta | Saranno sentiti Siino e Cannella - Live Sicilia

Il sequestro di beni ai Niceta | Saranno sentiti Siino e Cannella

I verbali di Cannella e Siino sono considerati decisivi dalla Procura che ha chiesto e ottenuto nei mesi scorsi il sequestro del patrimonio di Mario Niceta e dei figli Massimo, Pietro e Olimpia. Vale 50 milioni di euro e comprende le società che gestiscono una serie di negozi a Palermo e a Castelvetrano.

PALERMO – Sì all’audizione di due collaboratori di giustizia, no a quella di Massimo Ciancimino. La sezione Misure di prevenzione del Tribunale di Palermo, che si occupa del sequestro del patrimonio degli imprenditori Niceta, ascolterà Angelo Siino e Tullio Cannella. Il collegio presieduto da Silvana Saguto ha respinto, invece, la richiesta della Procura di convocare in udienza il figlio dell’ex sindaco del sacco di Palermo. Ciancimino jr, in due pagine del libro dal titolo “don Vito”, tirava in ballo Mario Niceta, capostipite della famiglia di imprenditori palermitani scomparso di recente, per alcuni presunti contatti poco chiari con ambienti mafiosi.

I verbali di Cannella e Siino sono considerati decisivi dalla Procura che ha chiesto e ottenuto nei mesi scorsi il sequestro del patrimonio di Mario Niceta e dei figli Massimo, Pietro e Olimpia. Vale 50 milioni di euro e comprende le società che gestiscono una serie di negozi a Palermo (in via Roma, Corso Camillo Finocchiaro Aprile, viale Strasburgo e via Ruggero Settimo con il marchio Olimpia) e a Trapani. Ed ancora, Blue Spirit e Niceta Oggi all’interno del centro commerciale Belicittà di Castelvetrano. Negozi dove il lavoro prosegue regolarmente, ma in amministrazione giudiziaria. L’ipotesi è che dietro la scalata imprenditoriale ci sarebbe la mafia.

Angelo Siino, il cosiddetto ministro dei Lavori pubblici di Cosa nostra, disse che “il capomafia Giuseppe Guttadauro voleva che nella zona di Roccella entrasse solo la calcestruzzi di Niceta”, quando ancora l’imprenditore non aveva investito nel settore dell’abbigliamento. Tullio Cannella, che della cosca di Brancaccio conosce cifre, nomi e affari, aggiunse che una parte del denaro accumulato con la truffa dal mago dei soldi di Villabate, Giovanni Sucato, era stato “investito attraverso la Parabancaria immobiliare di Palermo nelle società di Mario Niceta”. Cannella tirò in ballo anche l’ombra di pesanti ingerenze mafiose nell’attività di Niceta: “So pure che negli anni ’80 Niceta era in società con Pino Greco ‘scarpuzzedda’, poi con i Graviano e da ultimo con Nino Mangano, reggente di Brancaccio per conto dei Graviano”.

I Niceta non hanno mai voluto replicare alle ipotesi della Procura. Le uniche dichiarazioni arrivarono all’indomani della morte, avvenuta a dicembre, di Mario Niceta, 71 anni, gravemente malato da tempo. Gli avvocati del collegio difensivo del gruppo – Roberto Tricoli, Santi Magazzù, Giovanni Rizzuti, Giovanni La Bua e Raffaella Geraci, inviarono una nota a Livesicilia: “La scomparsa di Mario Niceta aggrava ancor più la desolante vicenda del sequestro di un’azienda ultra centenaria – fiore all’occhiello della sana economia palermitana – e priva la famiglia non solo dell’affetto del genitore, ma anche della possibilità di potere storicamente contribuire all’accertamento della verità attraverso la ricostruzione – con la memoria storica – di quanto il gruppo Niceta ha posto in essere nell’interesse imprenditoriale a favore della collettività”.


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