Il silenzio di Mangano | Il silenzio degli altri

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29 Giugno 2010, 17:04

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(RP) Non si sputa sui morti. Dunque, nemmeno è lecito sputare su Vittorio Mangano, stalliere mafioso, torturato e ucciso da un male. Ma, al netto di saliva e improperi, è necessario passare al setaccio ciò che sappiamo di lui, è giusto tentare di capire, interrogarsi al cospetto di quell’aggettivo “eroe” che un politico condannato in appello per questioni di mafia continua ad appiccicargli come un santino sul petto dissolto.
Eroe di sapore carbonaro perché egli resistette alle bieche sevizie dei pm che volevano strappargli notizie circa Berlusconi e Dell’Utri. Non è che il senatore, il bibliofilo Marcello, sia il biografo più attendibile. Perfino le anime candide avrebbero il sospetto che la sua sia una ricostruzione di parte, escogitata per screditare pentiti e magistrati. Mangano “eroe”, i pm torturatori, ghignanti ufficiali delle Ss, abominevoli esecutori del male. A prescindere, il silenzio di Mangano confina strettamente, quando non coincide, con l’omertà. I cosiddetti uomini d’onore, mai pentiti di esserlo,  non tacciono in ossequio ai fatti, la verità è un elemento marginale della loro tecnica esistenziale. Si parla o si sigillano le labbra in un mutismo sepolcrale, a seconda che si desideri aiutare o “mascariare” il protagonista di eventuali chiacchiere. Come in tutto, per la mafia, è la storia esclusiva di rapporti e strategie personali a indirizzare il contegno. Tanto è vero che non mancano e non mancarono picciotti confidenti (i collaboratori di giustizia non sempre sono un’altra cosa. Talvolta no, talvolta sì) ansiosi di rivelare segreti inauditi alle forze dell’ordine, non per amore di riscatto, ma per fottere meglio gli ex compagni di cordata. Questo è il lato morale del discorso. Ovviamente, al giudice interessa la corrispondenza tra racconto ed evento, il riscontro.
Fatichiamo a rintracciare, nel silenzio di Vittorio Mangano,  pagliuzze d’oro e di nobiltà. Fatichiamo a scovare nelle parole di Dell’Utri la serenità necessaria per costituire almeno una riflessione originale sull’eroismo.

Ci sono poi altri silenzi da considerare come termine di paragone. Il silenzio di Paolo Borsellino che smise di accarezzare i suoi figli per abituarli al distacco. Il silenzio del deserto e le polemiche gratuite degli ultimi giorni di Giovanni Falcone. Ci sono i silenzi delle persone che facevano parte della scorta. Ci sono silenzi di coloro che non sono famosi, né lo saranno mai, da vivi o da morti.  Eppure, silenziosamente, seminano un granello di speranza nel difficile e mutevole giardino di ogni ora. Pesi, Marcello Dell’Utri,  da una parte il silenzio di Mangano per sapere davvero quanto vale, dall’altra appena mezzo degli altri silenzi, e vedrà come pende la bilancia. Non dell’eroismo, dell’umanità.

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29 Giugno 2010, 17:04

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