11 Maggio 2015, 09:02
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CATANIA – La barba è ancora lunga, ma meno incolta rispetto a quella che aveva fatto crescere per “mimetizzarsi” durante la sua latitanza. Nuccio Mazzei, quello che fino a poche settimane fa era il latitante più ricercato della Sicilia Orientale, ha affrontato la sua prima udienza al Palazzo di Giustizia dopo la cattura. Il processo è quello scaturito dal blitz Ippocampo: davanti al Gup il padrino dei Carcagnusi, sorprendendo i magistrati, ha deciso di non optare per il rito abbreviato come invece sono soliti scegliere i mafiosi di “calibro”. Insieme al boss, alla sbarra spalleggiatori, prestanone, parenti e uomini di fiducia pronti a tutto, anche ad uccidere, pur di “ubbidire” agli ordini di Nuccio.
Un carisma criminale quello dei Mazzei riconosciuto anche dalla cupola palermitana: il padre di Sebastiano, Santo, aveva un posto riservato al tavolo dei capi dei capi accanto a Leoluca Bagarella. E da quando il padre è relegato al 41 bis, Nuccio U Carcagnusu ha preso potere fino a essere determinante anche negli equilibri della famiglia mafiosa dei Santapaola Ercolano. Quando Sebastiano Lo Giudice e Orazio Privitera decisero di ingaggiare una guerra di sangue contro i clan rivali per diventare “i re” della mafia catanese Ignazio Barbagallo chiese un incontro a Nuccio per comprendere se i Carcagnusi fossero pronti a diventare alleati dei Santapaola.
Il summit avvenne a Vaccarizzo e precisamente al villaggio Ippocampo di mare (da qui il nome del blitz congiunto di Dia e Carabinieri), un luogo lontano da occhi indiscreti. Nuccio Mazzei non si presentò da solo all’incontro blindatissimo: con lui c’era il cugino Lucio Stella, per i Santapaola il boss Vincenzo Aiello, Benedetto Cocimano e Turi Amato. E’ il collaboratore Ignazio Barbagallo, ex colonnello di Cosa Nostra, a raccontare ai magistrati i segreti del summit di Vaccarizzo: Aiello avrebbe confessato a Nuccio Mazzei che i carcagnusi di Lineri (zona di Misterbianco), all’epoca capeggiati da Tino Paparazza, sarebbero transitati con i Santapaola. Più che una certezza, il passaggio era una speranza per Aiello affinchè la famiglia acquisisse nuovi affiliati e nuove forze per contrapporsi all’ascesa del freddo e spietato killer Ianu U Carateddu.
I Mazzei entrano a gamba dritta nella cosiddetta economia legale: attraverso un meccanismo di scatole cinesi con i relativi prestanome hanno preso il controllo di agriturismi, bar, locali e anche il settore della logistica. Un sistema di affari illeciti che serviva a “sovvenzionare” il rifornimento della droga. I Carcagnusi, secondo le ipotesi dell’accusa, avrebbero stretto rapporti con i clan della ‘ndrangheta operanti nella Piana di Gioia Tauro per un grosso traffico di stupefacenti. A vario titolo gli indagati sono accusati, infatti, di associazione di stampo mafioso, traffico di droga, trasferimento fraudolento di valori e intestazione fittizia di beni.
La conformazione ufficiale del processo sarà decisa il 4 giugno, data in cui il Gup ha rinviato l’udienza preliminare e deciderà per il rinvio a giudizio di Sebastiano Mazzei, del figlio Santo, della sorella Simona, della madre Rosa Morace, e poi dei fedelissimi Gioacchino Intravaia e Gaetano Pellegrino, Michele Di Grazia, Camillo Pappalardo, Giovanni Galati Massaro, Prospero Riccombeni, Daniele Sgroi, Silvana Aulino, Mario D’Antoni. Sei imputati hanno formulato richiesta per procedere con il rito abbreviato: ma anche le posizioni del cugino di Nuccio, Lucio Stella, di Carmelo Grasso, Mario Pappalardo, Giuseppe Scammacca, Enrico Zappalà e Michele Maiolino, saranno decisi nel corso della prossima udienza. Già il 18 giugno, se resteranno confermati i sei nomi del giudizio abbreviato, il pm discuterà la requisitoria e formulerà le richieste di pena.
Non da sottovalutare il ruolo della “matrona” dei Mazzei, Rosa Morace, moglie di Santo e mamma di Nuccio. Il pm Jole Boscarino titolare dell’inchiesta ha spiegato che la donna “ha dimostrato una forte personalità e un rilevante potere decisionale. La Morace è indagata insieme ai figli Nuccio e Simona Mazzei e a Gioacchino Intravaia, per aver “attribuito a Silvana Aulino la titolarità delle loro quote dell’associazione Giomar, società conduttrice della ristorazione della struttura turistica denominata Agribagnara di S.Giorgio, con lo scopo di eludere le disposizioni di legge in materia di misure di prevenzione patrimoniali”.
Il cognato di Sebastiano Mazzei, Gioacchino Intravaia, avrebbe invece attribuito fittiziamente a Giuseppe Scammacca “la titolarità – si legge nell’ordinanza del Gip Francesca Cercone – delle sue quote della società cooperativa Scammacca” aventi in subappalto il carico-scarico merci e servizi relativi alla distribuzione della ditta Jonica Trasporti per conto della Bartolini”.
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11 Maggio 2015, 09:02