Ars, trecento euro in meno | Il taglio degli stipendi è tutto qui

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08 Febbraio 2014, 06:00

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PALERMO – Trecento euro. La spending review, in fondo, è tutta qua. La riforma “storica” con la quale i deputati regionali hanno “allineato” le proprie buste paga a quelle delle altre Regioni, in fondo, è tutta qua. Trecento euro. Questo il “sacrificio” compiuto dai parlamentari siciliani, e venduto ai cittadini come una vera e propria “mutilazione”. Quando si trattava, invece, di una semplice accorciatina alle unghia.

Trecento euro. Per ottenere questo risultato, il Parlamento che avrebbe dovuto semplicemente applicare il decreto Monti sui costi della politica, si è deciso a creare una Commissione ad “hoc”. Un gruppo di deputati “convocati” per operare un semplice “copia e incolla” della norma nazionale. Ma anche questa semplice operazione, in Sicilia, è stata utile a creare divisioni, polemiche, fratture. E persino la dimissione del presidente di quella Commissione, Antonello Cracolici. Che – senza troppi giri di parole – aveva denunciato: “I miei colleghi vogliono traccheggiare”. Cioè vogliono evitare il taglio. La mutilazione. Vogliono limitare i danni.

E in effetti, in un certo senso, il risultato è stato centrato. Se è vero, infatti, che alcuni costi della politica – soprattutto i finanziamenti ai gruppi parlamentari – sono stati (finalmente) ridimensionati, non si può dire lo stesso per la busta paga dell’onorevole siciliano. Dove l’annunciato intervento di “chirurgia estetica” si è rivelato un “ritocchino”. E sono i numeri a raccontare questo paradosso. I numeri che contanto. Quelli, cioè, che fanno riferimento allo stipendio “netto” del deputato. Abbiamo messo a confronto, infatti, le buste paga di un deputato regionale. La prima è del novembre del 2013, la seconda è quella del gennaio 2014. In mezzo, appunto, l’approvazione del decreto Monti. Qual è quindi il risultato per le tasche del parlamentare? Se a novembre lo stipendio netto si attestava sugli 8.667 euro, dopo l’”epocale” applicazione del decreto Monti il “netto” dello stesso deputato è sceso a… 8.315. Poco più di trecento euro, insomma. Le riduzioni per lo stipendio dei deputati sono tutte qua. Anche perché l’eventuale taglio dei 3.100 euro destinati ai “portaborse” è stato per il momento “attutito” dalla norma che mantiene in piedi i “contratti vigenti al 31 dicembre 2013”. Con la conseguente corsa dei deputati, negli ultimi giorni dell’anno scorso, a mettere sotto contratto i collaboratori. Pur di non rinunciare all’indennità.

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Ma com’è possibile che il taglio di quello che era uno stipendio da 14 mila euro lordi alla quota “italiana” degli 11.100 comporti una rifuzione “reale” (cioè al netto) di poche centinaia di euro al mese? La soluzione del rebus, a dire il vero, era stata in parte prevista. Con la norma approvata dall’Ars, infatti, si fissava semplicemente l’asticella a quota 11.100 come somma dell’indennità e della diaria. Due voci diverse per natura. Mentre infatti la prima (che ammontava a oltre 5.200 euro netti) era una voca sottoposta a tassazione, lo stesso non si può dire della “diaria” che – in quanto rimborso spese – non era tassabile. Ma la norma che applica il Decreto Monti, come detto, si limitava a fissare quel limite. Come “distribuire” le quota tra quella tassabile e non tassabile era demandata all’Ufficio di presidenza. Che in effetti ha deciso. Ampliando un po’ la superficie “netta” (da 3.500 a 4.500 euro) e restringendo quella sottoposta a imposte (da 10.700 a 6.600). Il risultato di questa operazione è nelle foto che vi mostriamo: il confronto delle due “distinte” destinate allo stesso deputato. La differenza reale per il deputato tra il regime “pre” e “post” spending review è di 300 euro.

Ma in alcuni casi – ed ecco il paradosso nel paradosso – per qualche deputato il recepimento del decreto Monti sui tagli alla politica si è tradotto con un… aumento di stipendio. Incredibile ma vero. Pochi giorni dopo l’approvazione della norma che adegua gli stipendi degli onorevoli siciliani a quelli del resto d’Italia, infatti, una decisione del consiglio di presidenza dell’Ars ha “creato dal nulla” una nuova indennità di funzione: i capigruppo infatti guadagneranno 1.160 euro lordi al mese in più. Un bonus che fino a oggi non era previsto tra quelli destinati ai deputati siciliani. Qualcuno – compresa l’assurdità della norma – ha già deciso di rinunciare. È il caso del capogruppo del Movimento cinque stelle Giancarlo Cancelleri (poi sostituito da Francesco Cappello), e di quello del Pd Baldo Gucciardi. Mentre dal coordinatore regionale di Forza Italia Vincenzo Gibiino è arrivata una “condanna” nei confronti della decisione della decisione dell’Ufficio di presidenza. Alla quale non è seguita nessuna formale rinuncia del capogruppo. Già, per una decina di parlamentari – un numero frutto di deroghe a mini-gruppi e che potrebbe crescere con la nascita eventuale di nuovi gruppi all’Ars – l’epocale riduzione delle indennità si è tradotta in un aumento di stipendio. Una magia.

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08 Febbraio 2014, 06:00

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