21 Luglio 2018, 07:30
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CATANIA – Ha un nome e un cognome il presunto killer che il 23 giugno scorso, alle 3 del pomeriggio, ha sparato i colpi di pistola che hanno gravemente ferito il 20enne Giovanni Vecchio in via De Lorenzo, nel cuore del rione San Cristoforo. La Squadra Mobile ha fermato il sorvegliato speciale Alfio Sanfilippo a Brucoli, frazione di Augusta nel siracusano. “U Carruzzeri”, questo il nome con cui è chiamato nel quartiere di San Cristoforo, si è sentito braccato dalla polizia e stava per costituirsi nel carcere di Brucoli. I poliziotti, infatti, lo hanno ammanettato nei pressi dell’istituto penitenziario siracusano.
L’uomo è accusato di tentato omicidio, con “l’aggravante di avere agito con premeditazione e di aver commesso il fatto per motivi abietti o futili, nonchè detenzione e porto illegale in luogo pubblico di un’arma da sparo”. Il Gip di Siracusa ha convalidato il fermo emesso dal pm Fabio Regolo, che ha coordinato l’inchiesta, ed ha spiccato l’ordinanza di custodia cautelare in carcere per il 52enne.
La Squadra Mobile ha risolto il caso dopo una delicata e articolata indagine partita dopo che il giovane è finito al pronto soccorso del Vittorio Emanuele, con una pallottola al torace. Sul posto, vicino all’officina meccanica della vittima, sono state trovate alcune tracce ematiche che sono state analizzate.
Sono stati passati al setaccio anche i filmati delle telecamere della zona attorno via De Lorenzo, Largo Barcellona e via Barcellona, dove è l’officina del giovane meccanico. In particolare c’è un video che immortala un uomo con i capelli brizzolati che passa con una bicicletta elettrica seguito da una persona in sella allo scooter. E l’obiettivo della telecamera inquadra lo stesso uomo sulla bici (da qui il nome “Killer bike” dell’operazione) che torna indietro, sempre seguito dallo scooterista, ma gli inquirenti notano un particolare. “Aveva un braccio piegato come se nascondesse qualcosa”, spiega il dirigente della Squadra Mobile di Catania.
La polizia ha forti sospetti che la persona inquadrata dalle telecamere è Alfio Sanfilippo, legato al clan Cappello-Carateddi e coinvolto nel blitz Revenge e Revenge 5. Gli investigatori vanno a casa di Sanfilippo e nel balcone trovano stesi alcuni indumenti compatibili a quelli indossati dall’uomo in sella alla bicicletta elettrica immortalato nei filmati passati al setaccio dagli inquirenti. Ma i poliziotti decidono anche di perquisire la stalla di proprietà di Sanfilippo, stalla famosa perché nel 2010 è stato teatro dell’arresto di Iano Lo Giudice, boss e killer dei Carateddi. Lì i poliziotti trovano la bicicletta elettrica e poi anche quattro bossoli calibro 38. Dalle testimonianze si riesce a capire che sono quattro i colpi sparati il pomeriggio del 23 giugno. E solo uno ha colpito e ferito il giovane meccanico. Vivo per miracolo.
La pistolettata sarebbe frutto di dissidi personali legati all’attività di meccanico della vittima. Una lite sfociata nel sangue, forse, per la cattiva riparazione dello scooter del genero di Sanfilippo. Ci sarebbe stata una violenta discussione prima tra il meccanico e il compagno della figlia del 52enne, che avrebbe avuto la peggio. Poi Sanfilippo si sarebbe recato in officina e sarebbe partita una lite. Prima gli schiaffi contro il meccanico e poi i quattro spari. Solo uno, fortunatamente, ferisce il 20enne.
Una volta chiuso il cerchio, il pm Fabio Regolo ha emesso il decreto di fermo. Ma il sorvegliato speciale si è reso irreperibile. Da lì sono partiti una serie di attività serratissime per localizzare Alfio Sanfilippo e fare terra bruciata attorno a lui. Alla fine si è arreso, ma prima di raggiungere il carcere è stato bloccato dalla Squadra Mobile. Il Gip di Siracusa ora ha passato la competenza al Tribunale di Catania, che entro 20 giorni dovrà emettere un nuovo provvedimento.
L’epilogo di questa brutta storia di sangue si riassume nelle parole di Antonio Salvago: “A Catania si spara anche per uno scooter riparato male”.
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21 Luglio 2018, 07:30