05 Marzo 2018, 17:01
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PALERMO – Se il risultato nazionale è stato drammatico, quello siciliano per il Pd è una vera e propria tragedia politica. I dem nell’Isola si fermano all’11 per cento. In alcuni collegi non sono arrivati nemmeno alla doppia cifra. Quattro mesi fa alle Regionali, Pd, Sicilia Futura e Lista Micari, forze che a questo giro convergevano nella lista del Pd, avevano racimolato il 21 per cento. Un crollo verticale che apre adesso la fase del redde rationem interno al partito, dove il malcontento è emerso apertamente nel corso della campagna elettorale.
Domani faranno sentire la propria voce i “partigiani” del Pd, il gruppo di “dissidenti” apertamente in rotta con la nomenklatura renziana che ha monopolizzato le candidature. Ma tra militanti e dirigenti in tutta la Sicilia sono emerse voci di acceso dissenso nelle settimane che hanno preceduto il voto. E oggi sul banco degli imputati finisce inesorabilmente il proconsole renziano Davide Faraone, che negli ultimi giorni si era mosso da segretario-ombra, accogliendo nuovi adepti – anche illustri – nel partito e presentando i candidati nella sede della segreteria regionale, assente il segretario Fausto Raciti.
Antonello Cracolici la mette così sui social: “In Sicilia più che altrove il PD è apparso un autobus, in alcuni collegi c’erano candidati che non avevano nulla a che fare con la nostra storia. Molti dei nostri elettori non hanno votato (nell’isola c’è stata la più alta percentuale di astenuti) o hanno votato per il Movimento 5 Stelle. L’errore politico più grande è stato fare perdere l’identità al PD, imporre una mutazione genetica al partito: grande responsabilità l’hanno avuta il segretario nazionale Matteo Renzi e il suo proconsole in Sicilia Davide Faraone”.
Un atto d’accusa con nomi e cognomi analogo a quello rivolto da altri esponenti del partito. “Il crollo del PD era ampiamente prevedibile. In Sicilia, Il disegno trasformista di Davide Faraone che puntava relegare il partito a ruolo di stampella del governo Musumeci, in vista di un possibile inciucio nazionale con Forza Italia è stato punito pesantemente dagli elettori”. Così Rosario Arcoleo, presidente della commissione Affari Generali del Comune di Palermo.
“La debacle subita dal Partito Democratico a livello nazionale e soprattutto in Sicilia è solamente la cronaca di una morte annunciata frutto della gestione personalistica di Renzi e dei suoi luogotenenti nell’Isola”, commenta Daniele Vella, componente della direzione regionale del Partito Democratico.
Invoca un cambio di rotta Giuseppe Beretta, esponente della minoranza del partito e uscente non rieletto. “Il voto di ieri ci consegna una sconfitta chiara per il Partito Democratico, una sconfitta bruciante. Di fronte a dati così netti, non si può che prendere atto di un fallimento che certamente fa male, anche alla luce dei risultati ottenuti in questi anni dai governi di Centrosinistra. Ma gli elettori hanno sempre ragione ed è evidente che il PD dovrà cambiare rotta”.
Saluta e se ne va l’ex deputato regionale Pippo Digiacomo, con un duro atto d’accusa. “Mi pare doveroso informarvi che non mi riconosco più in questo Partito Democratico. Non ha affatto la fisionomia di quel partito che abbiamo fondato nel 2007 e del quale sono stato il primo segretario provinciale. Mi pare adesso una Democrazia Cristiana senza però il peso specifico politico dei suoi esponenti storici, una specie di ascensore o pullman dal quale ognuno scende e sale quando gli pare per fare i comodi propri, con ampia avallo dei dirigenti locali e nazionali”.
Insomma, è questa l’aria che tira nel partito. Che dovrà avviare un percorso di rifondazione con tante incognite all’orizzonte. Il fattore Renzi, che si è trasformato negli anni da risorsa a problema, ha sicuramente inciso, vanificando i possibili effetti elettorali di diverse buone leggi approvate dalla maggioranza. Gli abbondanti innesti dal centrodestra, con la regia di Davide Faraone, non hanno allargato il consenso. Così come l’atteggiamento da asso pigliatutto della corrente del segretario, che non ha lasciato neanche le briciole alle altre anime del partito nella definizione delle candidature. E così con l’elezione del nuovo segretario regionale alle porte, nel Pd siciliano si apre adesso una nuova partita. Dall’esito assolutamente imprevedibile.
*Aggiornamento ore 17.56
“Prima salgono sul carro del vincitore votando Renzi alle primarie e facendosi concedere la deroga per il quarto mandato all’Ars, e dopo, pur non avendo mai organizzato una sola iniziativa a sostegno del partito, scendono dal carro e criticano. Non è il momento di trovare capri espiatori o colpevoli, è piuttosto il momento giusto per fare autocritica e ritrovare l’unità facendo una lucida analisi del voto”. Il capogruppo del Pd al Comune di Palermo Dario Chinnici commenta così l’esito del voto di domenica alle elezioni politiche in particolare in Sicilia. “È evidente che l’esperienza del partito regionale e quella del governo regionale – prosegue Chinnici – non abbiano portato risultati confortanti ma siamo qui per migliorare, facendo tesoro non soltanto degli errori commessi ma anche dell’atteggiamento di chi, pensando soltanto a se stesso, punta il dito contro chi ha provato con tutte le proprie forze a limitare i danni. L’ingresso del sindaco Orlando nel Pd ha permesso al partito di aumentare i consensi a Palermo rispetto alle regionali ed abbiamo trovato una squadra nuova e densa di nuove energie ed entusiasmo. Purtroppo non è bastato. Siamo pronti a ripartire facendo opposizione. Al Comune di Palermo invece porteremo avanti i nostri progetti per la città insieme all’amministrazione comunale in piena sinergia e con spirito costruttivo” – conclude il capogruppo dem.
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05 Marzo 2018, 17:01