28 Giugno 2010, 12:35
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Questo brano è il frutto di una truffa, anzi di quattro. Ma giuro che ho agito in stato di necessità. Lo so, la truffa è truffa, ma mettetevi nei miei panni. Ero stato incaricato di reperire un brano d’autore, perché venisse letto in occasione della consegna di un premio giornalistico a Puccio Corona. Scegli tra Pirandello, Sciascia, Brancati, Vittorini, Consolo, Bufalino, mi era stato detto, e che parli del mare siciliano. Cercando nella mia memoria (da sempre negligente) non trovai alcunché e, pur sentendomi in colpa, riferii subito: nulla da fare, declino l’ incarico. Il giorno dopo, l’ illustre capo staff dell’organizzazione del premio tornò alla carica utilizzando le lusinghe e le minacce e infine la solita mozione degli affetti: pensa a me, tengo famiglia. Che cosa avrei dovuto fare? Mi spezzo, ma non mi piego? Io invece mi piegai sulla scrivania. E scrissi. Quando consegnai il testo ai miei committenti cercai d’ essere sfuggente e fuggitivo. Tutto inutile, la domanda arrivò: di chi è? Sì, lo so, avrei dovuto dire la verità, ma, sapete com’è, s’ aspettavano un gran nome e io glielo diedi: Vittorini, dai racconti di Elio Vittorini, e volsi lo sguardo in alto a destra, il luogo delle bugie. E fu la prima. A volte la sorte punisce subito. Fui costretto, infatti, ad assistere a una breve e animata disputa su Elio Vittorini, accesasi subito tra le mie vittime e che si concluse con una sentenza compiaciuta: c’ è poco da fare, Vittorini è Vittorini. Io tacqui. E così, oltre che truffatore, mi sentii carnefice. Non vi dico. E venne il giorno della premiazione di Corona e della mia definitiva abiezione. Forse fu l’ istinto di conservazione, non so, ma fui preso, invece, da una strana emozione, come da un’ euforia etilica: improvvisamente non avevo più né timori né scrupoli. E così mi lanciai: pochi minuti prima dell’ inizio raggiunsi il mio committente e gli dissi la verità: l’ ho scritto io. La reazione? Solo un sorriso pieno di debiti. La cerimonia procedette senza intoppi e il brano sul mare fu letto, presentato come mio. Puccio Corona ricevette commosso il suo premio per l’attività di bravo giornalista tv impegnato nel documentare il mare e l’ orchestra suonò. Era però in agguato la seconda truffa. Fui raggiunto, nella terrazza dell’ albergo dove si era svolta la serata, da una piccola folla. Quaranta o cinquanta persone guidate da una donna, dietro di lei Corona. Sono la moglie di Puccio, esordì, e avviò un applauso. Avete mai visto applaudire una truffa? No, non quella su Vittorini, perché la verità era stata detta, ma quella successiva. Da dov’ è tratto il brano che abbiamo ascoltato? Mi chiese la signora e io, che potevo rispondere io? Potevo dire la verità? Trassi un respiro e soffiai: da un romanzo. Applauso. Ero tornato a delinquere. Ma almeno in nome mio. Come si intitola e dov’ è distribuito? Aggiunse Puccio Corona e mi atterrò. Mi passarono in un attimo dinanzi e in ordine sparso i fratelli Bandiera, Enea, Cincinnato, Enrico Toti, madame Curie (Paolo Villaggio provò a intrufolarsi, ma non c’era spazio sufficiente) e infine Caino e Abele. Mi decisi: era maturata la terza truffa. Lo sto scrivendo, risposi. Faccia in fretta, ammonirono i coniugi Corona. Applauso dei quaranta o cinquanta. Ignominia per me. Ormai è da anni che scrivo Il racconto di Ucronìa, romanzo-refurtiva. Vado molto lentamente e credo che il tempo mi stia truffando. Intanto, per tenermi in allenamento, ho dato da leggere in pubblico il brano ad Alessio Boni, il celebre interprete di Caravaggio. Curavo la regia di uno spettacolo al teatro Brancaccio di Roma, ripreso da Rai International. L’autore del brano? Elio Vittorini… E Boni non ha mai saputo la verità. Vi sono piaceri della vita veramente senza prezzo.
Infatti non sono stato pagato.
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28 Giugno 2010, 12:35