06 Novembre 2017, 22:20
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ROMA – Il Pd cerca una tregua in vista della direzione che lunedì prossimo affronterà la sconfitta siciliana e la road map in vista delle elezioni che Matteo Renzi ritiene necessarie nei primi mesi del 2018. L’ex premier non ha intenzione di fare passi indietro sulla sua leadership ma ammette la necessità di una coalizione. Priorità che smussa le tensioni con Dario Franceschini per il quale al Pd non serve ora alcuna resa dei conti e neanche una guerra sul candidato premier, tema prematuro, ma la tela delle alleanze. Ma a sinistra del Pd, l’incontro oggi tra Pietro Grasso e Giuliano Pisapia segnala la partenza di una sfida alternativa ai Dem, che vada da Mdp ai Verdi e Cp, intorno alla guida del presidente del Senato.
Non sono le percentuali siciliane a preoccupare Renzi: il Pd si è tenuto i voti di cinque anni fa “e questo nonostante la scissione”. A destare l’allarme è la presa d’atto che con queste cifre e le alleanza fatte sull’Isola alle politiche, il Pd rischia di non prendere alcun collegio. Una presa d’atto che rafforza l’urgenza di allargare il campo. Ma in che direzione, è la domanda che circola al Nazareno? L’aggregazione al centro con Alfano e Casini e elementi ex Scelta Civica viene quotata intorno al 2 per cento così come un’intesa, tutta da costruire, con i Radicali – ma Emma Bonino non si candida – e Forza Europa di Della Vedova. Da tutti ormai viene considerato impossibile un percorso comune, prima delle elezioni, con gli ex dem di Bersani e D’Alema e la sinistra di Nicola Fratoianni. Il segretario potrebbe anche aprire a primarie di coalizione ma la proposta non sembra risolutiva a convincere. L’unica mossa sarebbe il passo indietro di Matteo Renzi al prezzo di una guerra totale dentro il Pd.
A porre il tema è Andrea Orlando che non mette in discussione il segretario ma ritiene oggi “più chiaro che mai” una coalizione larga di centrosinistra con un candidato premier, leggi Paolo Gentiloni, che sia in grado di unire, “cosa che Renzi – spiegano fonti vicine al Guardasigilli – finora non ha dimostrato di saper fare”. Franceschini, invece, ha deciso di non aprire la guerra sulla premiership. La leadership del segretario, sostengono fonti di Area dem, non è in discussione, ora bisogna costruire una coalizione che renda il Pd competitivo. D’altra parte, concordano i renziani, “Renzi ha detto che vuole portare il Pd a Palazzo Chigi, non ha detto che ci vuole andare lui”. A questo punto non è peregrina la tesi ventilata nei mesi scorsi da Massimo D’Alema: ognuno si conta per i fatti propri e dopo le elezioni si vede. E in questo quadro l’incontro, ancora interlocutorio, tra Grasso, che dal 20 dovrebbe assumere le redini della sinistra, e Giuliano Pisapia fa capire che gli ex dem provano a fare sul serio. L’ex sindaco di Milano, ormai in rotta con la linea renziana, dopo aver deciso di non ritirarsi sta ora capendo in vista dell’evento del 12 se tornare ad un progetto con Mdp o muoversi con una lista autonoma cercando l’intesa con i Radicali, i Verdi e i socialisti. (ANSA).
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06 Novembre 2017, 22:20