Illuminati dalla Santuzza e pentiti | Omicidio, padre e figlio condannati

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14 Febbraio 2020, 13:14

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PALERMO – Dodici anni al padre, 10 anni e mezzo al figlio. Sono le pene inflitte dalla corte di assise a Francesco e Andrea Lombardo, Rei confessi dell’omicidio di Vincenzo Urso. Ai due collaboratori di giustizia, difesi dagli avvocati Fabrizio Di Maria e Monica Genovese, il collegio presieduto da Alfredo Montalto ha riconosciuto le attenuanti per chi sceglie di chiudere con Cosa nostra raccontandone i segreti. Resta da valutare la posizione dei presunti killer che sono giudicati separatamente.

“Piero sai che c’è uno che paga 20 mila euro per fare questa cosa”, così un altro pentito, Massimiliano Restivo, ricostruì ai pubblici ministeri Bruno Brucoli e Gaspare Spedale il momento in cui nel 2009 assoldò il killer di Urso. E Piero Erco rispose: “La faccio io, dice, non ci sono problemi”. Luca Mantia, invece, sarebbe stato al volante della Uno Bianca utilizzata per l’agguato, nella notte fra il 24 e il 25 ottobre di undici anni fa, mentre Erco esplodeva contro la vittima una serie di colpi di pistola calibro 7.65 mentre rientrava a casa di notte a bordo di un Suv.

Restivo aveva di fatto aggiunto tasselli alla ricostruzione dei Lombardo. Fu Andrea Lombardo a raccontare che Restivo propose al padre di assoldare i killer. Non voleva sporcarsi le mani. Sarebbe stato invece Pietro Granà a finanziare il commando di morte.

Lombardo padre, capomafia di Altavilla Milicia, era andato su tutte le furie per via della concorrenza di Urso nel settore del movimento terra e non solo. Si “erano sentiti offesi nell’onore”. Urso era stato fidanzato con la figlia di Franco Lombardo e il padre non si era rassegnato alla fine della relazione. Voleva che i giovani si sposassero. E poi Urso era conoscenza dei rapporti del capomafia con i servizi segreti.

Il primo a pentirsi fu il figlio. Raccontò di vissuto un travaglio interiore. Decisiva fu la visita in carcere dell’arcivescovo Corrado Lorefice e di don Filippo Sarullo che era stato parroco nel suo paese, Altavilla Milicia, e ora lo è alla Cattedrale di Palermo. Lo guardarono dritto negli occhi e, così raccontò, il collaboratore di giustizia ha visto la realtà con una nuova luce. Erano i giorni di luglio che precedevano il Festino. La Chiesa palermitana aveva deciso di dare conforto con una visita ai carcerati, portando loro la reliquia di Santa Rosalia.

Oltre alla condanna al carcere, i Lombardo dovranno risarcire la madre e il fratello della vittima, parti civili con l’assistenza dell’avvocato Salvatore Guggino.

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14 Febbraio 2020, 13:14

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