03 Novembre 2022, 06:01
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CATANIA. Dai Paesi del Corno d’Africa, masse di disperati in cerca di rifugio in Italia – in rotta nel Mediterraneo per provare, dalla Sicilia, a raggiungere la Svezia o la Norvegia – sarebbero finiti otto anni fa in mano a una rete internazionale di criminali, provenienti perlopiù dal loro stesso Paese, l’Eritrea. Una organizzazione dotata di una pericolosa cellula in Italia, tra il Catanese e il Ragusano. In undici, dieci eritrei e un guineano, sono finiti sotto processo, per un dibattimento che entrerà nel vivo mercoledì prossimo, 9 novembre, dinanzi al Tribunale di Catania, con l’accusa principale di associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento dell’immigrazione clandestina. Secondo l’informativa dello Sco e della Questura di Ragusa, confluita in un fascicolo d’inchiesta durato anni, e partito nel 2014 sotto il coordinamento della Dda di Catania, gli immigrati sarebbero stati esposti a pericoli enormi per la loro stessa vita durante il tragitto; e poi, una volta giunti in Italia, sottoposti anche qui “a trattamento inumano o degradante”. Altri sono indagati per esercizio abusivo di attività di intermediazione finanziaria: avrebbero illecitamente aiutato alcuni immigrati a far uscire dall’Italia i loro capitali attraverso circuiti non tracciabili.
È l’informativa della polizia, in particolare, a tratteggiare un quadro a tinte fosche sul trattamento disumano che sarebbe stato riservato a questi migranti: dall’Eritrea, dopo aver pagato, sarebbero stati potati in Sudan, dove alcuni criminali li avrebbero letteralmente rapiti e segretati, contattando poi le loro famiglie e costringendole a pagare per far oltrepassare loro il confine con la Libia. Una volta qui, la tragedia dei campi di prigionia libici, tristemente noti in tutto il mondo, e nuove richieste di riscatto alle famiglie, costrette a pagare più volte per assicurare ai propri familiari in posto in una delle tante carrette del mare destinate alla Sicilia.
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03 Novembre 2022, 06:01