28 Maggio 2013, 20:34
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PALERMO – Può bastare un’impronta digitale per condannare un imputato? No, se l’impronta è stata lasciata in un luogo pubblico dove c’è un viavai di persone. Di clienti, in questo caso.
Antonino Intravaia, 24 anni e Antonino Rizzo, di 23, sono stati assolti dall’accusa di furto aggravato. Il 13 gennaio 2010 i ladri fecero irruzione nel negozio di informatica Touch di corso Finocchiaro Aprile, a Palermo. Nottetempo forzarono la porta d’ingresso e ripulirono il locale commerciale. Bottino: computer, materiale informatico e televisori per un valore di tremila euro.
I malviventi fuggirono via senza lasciare traccia. O almeno così sembrava. Ed invece, gli investigatori riscontrarono la presenza delle impronte digitali dei due imputati che sono così finiti sotto processo. Secondo gli avvocati Rodolfo Calandra, Michele Rubino e Simona Sodano, le impronte digitiali lasciate in un locale pubblico non possono avere lo stesso valore probatorio di quelle ritrovate ad esempio in un appartamento. Insomma, non possono essere considerate la firma del delitto. E poi, in questo caso, non erano state rispettate tutte le procedure per la comparazione delle tracce trovate nel negozio con quelle degli imputati. Da qui l’assoluzione.
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28 Maggio 2013, 20:34