Imprudenza, telefonini, incidenti | Il lutto infinito di padri e madri

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11 Agosto 2019, 16:08

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PALERMO– Guidando dolcemente verso casa, a un certo punto si manifesta l’odore del mare. Prima come una fragranza sullo sfondo, poi più forte, come una presenza. Ed è lì che cominciano a spuntare le lapidi sbocciate spontaneamente. Le so a memoria ormai. Sono foto, sul ciglio del cammino, di ragazzi che non diventeranno vecchi perché, in un giorno indimenticabile per chi li amava, hanno perso la vita, l’amore e i sorrisi che sarebbero stati, in un maledetto incidente.

Di solito è buio, ma non c’è bisogno di vedere. Potrei chiamarli per nome e quasi sentirli vicini nella solitudine di una sera inoltrata. Forse è quella l’ora in cui si risvegliano. Almeno, a noi piace pensare che riaprire gli occhi sia nella loro disponibilità, lontani dalla calca e dal dolore.

E chissà se sussurrano qualcosa tra di loro, se si raccontano il rimpianto di non essere più qui, a Mondello. E chissà quale fu il loro pensiero estremo. Se ebbero il tempo di abbracciare qualcuno, di pensare a Dio, di pregare, o di rendersi conto del distacco. Ma non soltanto l’oscurità offre quel ritorno che amiamo vagheggiare. Accade pure quando, accanto a quelle croci urbane, si raccolgono i padri e le madri.

Quasi tutti dimenticano e hanno un tempo del lutto umanamente finito. I padri e le madri no, perché, nello schianto, anche loro hanno cessato di esistere. E li vedi, magari di mattina presto, o di notte, quando si credono non visti, che si inginocchiano lì dove c’è il sepolcro stradale del figlio, nel posto in cui spirò.

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Alcuni portano fiori. Altri hanno gli attrezzi di giardinaggio per rendere le aiuole che talvolta ci sono più rigogliose. Altri si fermano, si siedono in silenzio e respirano a pieni polmoni. Altri leggono. Altri parlano. Appena li scorgi, quei genitori si imbarazzano e non incrociano gli sguardi che vorrebbero consolarli senza riuscirci, come se la sopravvivenza fosse un peccato mortale. E sono ogni anno un po’ più curvi, un po’ più invecchiati. E aspettano il ricongiungimento. E sono – quei padri e quelle madri – gli ultras di Dio e dell’immortalità.

Ma i ragazzi, e non solo loro, non finiscono mai di morire sulle strade: è questa l’atroce evidenza, perché, in genere, si guida male, senza responsabilità, senza attenzione. E puoi restare vittima di un incidente, che sia stato tu o un altro che ti è piombato addosso.

Possibile che non ci sia un mezzo, magari cominciando dalle scuole, per fermare la strage? Possibile che non interessi a nessuno interrompere l’emorragia di esistenze? Possibile che, con tutte le informazioni ormai note, ci siano ancora pericolosi imbecilli che sfrecciano con il telefonino in mano e che non capiscono come la prevenzione sia necessaria, senza aspettare la repressione?

Così, per ora, non resta altro da fare che procedere dolcemente, nello struggimento del glicine, senza distrarsi, con gli occhi e i taccuini pieni di biografie estinte, sapendo che nuove tragedie si aggiungeranno alle vecchie. E accresceranno il lutto infinito, la lista delle lacrime, dei padri e delle madri che cercano l’illusione di un abbraccio, di un ‘figlio mio’, nascosti agli sguardi, quando arriva l’odore del mare.

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11 Agosto 2019, 16:08

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