23 Aprile 2009, 11:47
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Le storie che echeggeranno in aula nelle prossime settimane sono fatte di sogni impossibili, di lotte contro la propria identità ed il proprio corpo, pagati a colpi di emarginazione. Le persone che sfileranno in tribunale hanno in comune passati difficili, famiglie che li rinnegano, ore passate a vendersi, per cinquanta o cento euro ad uomini e coppie annoiate, con l’unico desiderio di essere finalmente se stessi. Di procurarsi il denaro necessario a pagare costosissimi ormoni ed interventi chirurgici.
Monica Camilla Perez, la palermitana di 38 anni, principale imputata nel processo, non era presente in aula ed è attualmente reclusa al Pagliarelli. Secondo denunce ed intercettazioni avrebbe messo a disposizione la sua casa di vicolo Morici (nella zona alle spalle dell’elegante via Libertà che, di notte, è luogo prediletto dai transessuali) per gli incontri. In cambio avrebbe preteso da una delle vittime 200 euro al giorno come tangente. In un altro caso, ma allo stesso titolo, si sarebbe fatta consegnare 1.500 euro da un altro trans. Nell’attività sarebbe stata aiutata da due giovani incensurati. Perché, per chi non pagava (come emergerebbe anche da alcune conversazioni telefoniche) si passava alle minacce ed alle botte.
Ma chi è Monica Camilla Perez? “Una donna malata da quindici anni che, fino al 2000, quando a Firenze si è sottoposta all’intervento definitivo, era solo Camillo. Un padre ucciso a colpi di pistola alla Vucciria quando era solo una bambina. Una madre e due fratelli che, in un primo momento, l’hanno rifiutata, lasciandola alla strada ed alla prostituzione sin dall’adolescenza”. A raccontarlo è il suo avvocato, Anthony De Lisi, che aggiunge: “Mi ha sempre detto di aver venduto il suo corpo solo per poter diventare donna”. E ci è riuscita: poco più di un mese fa, si è anche sposata. “Sembra aver trovato una stabilità – continua De Lisi – dopo anni di sbandamenti, con un uomo che le vuole bene. Negli anni, poi, anche la famiglia l’ha accettata. E’ già stata in carcere per reati simili. Ma la vita in cella è incompatibile con la sua malattia, la sua storia personale e le cure di cui ha bisogno dopo le tante operazioni che ha fatto negli anni. Il 12 maggio il tribunale si esprimerà proprio sulla possibilità di farla uscire”. E conclude: “In questa vicenda, non c’è un accordo convenuto tra la Perez e le sue presunte vittime, nessun rapporto istituzionale. Ma una sorta di aiuto reciproco, una solidarietà tra persone che condividono le stesse esperienze di disagio ed emarginazione”.
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23 Aprile 2009, 11:47