“In Europa da sindaco |Pd riparta dalle cose concrete”

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17 Aprile 2014, 11:19

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PALERMO – È lui l’uomo su cui i renziani scommettono per la sfida delle Europee del 25 maggio. Marco Zambuto, sindaco di Agrigento e neopresidente del Pd siciliano, tenta il grande salto a Bruxelles. E chiede al suo partito di superare le divisioni di questi giorni partendo dai contenuti.

Per prima cosa le chiedo, nel caso di sua elezione, quanto le costerebbe lasciare l’incarico di sindaco di Agrigento?
“In questi anni mi sono reso conto di come sia fondamentale riuscire ad avere rapporti con l’Europa. E soprattutto a partire dal 2014, quando il rapporto non è più intermediato dalla Regione, ma sarà consentito ai territori di organizzarsi per intercettare direttamente i finanziamenti europei: questa è una vera svolta. Nei miei anni da sindaco io ho risolto e affrontato le emergenze di una città a cui mancavano i servizi primari essenziali. L’acqua nella mia città arrivava ogni dieci giorni, oggi un giorno si e uno no, o anche tutti i giorni, grazie a una battaglia che abbiamo fatto appena mi sono insediato. Siamo riusciti a fare arrivare l’acqua non più dal dissalatore di Gela ma dall’acquedotto Favara di Burgio. E poi ho portato avanti una guerra sul depuratore: la città cresceva e si costruivano nuove case che andavano a scaricare a mare. Io mi sono occupato di questa vicenda e finalmente i lavori sono iniziati. Così come le strade, che vengono finalmente asfaltate dopo trent’anni”.

Sì, però lei ora chiede il voto per andare in Europa. Non teme che questo tipo di processo possa interrompersi?
“No, è un processo che non si può interrompere. Io di certo vorrò tenere il mio incarico di sindaco fino all’ultimo giorno in cui la legge me lo consentirà. Il mio ruolo in Europa lo vivrò con lo stesso spirito, quello di sindaco, quello dell’uomo concreto che si conforta con i problemi e le emergenze: un sindaco di Sicilia. Per la quale serve un cambio di modello di governo”.

Quale?
“Mi permetta di spiegarlo parlando ancora della mia città. Che era sull’orlo del dissesto finanziario, con un bilancio comunale che serviva ad alimentare la spesa pubblica per la raccolta del consenso. Io ho cambiato modello di governo e oggi la mia città ha risanato il suo bilancio, non siamo più strutturalmente deficitari perché abbiamo utilizzato la spesa per i servizi”.

E questo è il modello che lei immagina anche per la Regione…
“Assolutamente si, serve un cambio di modello. La Regione non più come ente che eroga posti di lavoro, ma che consenta alle imprese di fare il loro lavoro, realizzando strutture e infrastrutture che sono condizioni necessarie perché le attività economiche private possano intervenire. Quindi sburocratizzazione, prima di tutto”.

Lei pensa che il governo e il Pd possano uscire dall’empasse che si è creato in questi giorni? E come?
“Se ne esce col manifesto dei renziani. Con quei dieci punti che parlano di cose concrete, dai tagli alla spesa pubblica alla sburocraizzazione, dalla valorizzazione del patrimonio culturale alla green economy. Se noi perdiamo di vista questa che rappresenta per noi la bussola abbiamo finito di rappresentare la novità e quella speranza residua che c’è nei siciliani”.

Su queste basi si può ricomporre la spaccatura nel Pd?
“Secondo me si, ma su una linea politica che deve essere di innovazione, e sui contenuti”.

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A proposito di innovazione: la lista per le Europee del Pd è piena di novità e mancano i big del passato. È una buona notizia o la lista così rischia di essere debole?
“E’ stata fatta una grande sommessa, mettere dentro personalità della società civile: la Chinnici, il professore Fiandaca, la giornalista, il sindaco. È un partito che cambia pelle. In linea con l’azione politica che a livello nazionale sta facendo Renzi. Ed è un partito che ha l’ambizione di essere forza maggioritaria”.

Lei parla di ambizione maggioritaria. Ma mi pare che in Sicilia il progetto sia un altro: quello di creare un partito di centro alleato del Pd che intercetti i voti moderati. Il vecchio schema dalemiano del centro-sinistra col trattino.
“L’ambizione del Pd è quella di catturare direttamente il consenso dell’area moderata. E questo lo potremo fare nella misura in cui avremo chiari i messaggi per i nostri elettori”.

Qualcuno dirà, ecco Zambuto che viene dall’Udc e vuole trasformare il Pd in un partito di centrodestra…
“A proposito di questo argomento, sarò chiaro. Io mi accorsi con le politiche del 2013 che l’esperienza di un partito di centro non aveva più lo spazio politico. Contemporaneamente emergeva l’offerta politica di Matteo Renzi che superava i vecchi confini del tradizionale partito di sinistra. Il tema è questo, a Roma e a Palermo. La sfida non riguarda il partito democratico ma l’intero sistema politico italiano. Perchè il Pd è l’unico partito rimasto in Italia e ha una enorme responsabilità”.

Cosa le piacerebbe fare in Europa?
“Per prima cosa lavorare per recuperare il gap infrastrutturale della Sicilia e e valorizzare il nostro straordinario patrimonio storico artistico e naturale”.

Farà dei patti con qualche altro candidato?
“No, la sfida e è molto aperta”.

Tornando alla Regione, non c’è il rischio di una generale rassegnazione all’inevitabilità del default della Sicilia?
“Dobbiamo avere la forza di superare qualunque ostacolo, perché in gioco c’è la Sicilia. E questo significa superare qualunque tentazione di rassegnazione”.

Partendo da quali priorità, nell’immediato?
“Dal pagamento dei debiti verso le imprese. Solamente così si può dare un segnale all’economia, altrimenti qui con la Regione muore l’economia della Sicilia”.

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17 Aprile 2014, 11:19

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