17 Gennaio 2014, 13:07
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PALERMO – I tempi delle ‘vacche grasse’ sono finiti. Decreto Monti, spending review, e ora le indagini sulle “spese pazze” dell’Assemblea regionale: i gruppi del parlamento più antico del mondo dovranno tirare la cinghia. Anche se alcuni, a dire il vero, avevano già iniziato a farlo da prima che la legge approvata dall’Ars alla fine del mese scorso recepisse le nuove norme nazionali, che hanno imposto ai consigli regionali un drastico taglio delle proprie spese. E oggi proprio quella legge, “Misure in materia di controllo, trasparenza e contenimento della spesa relativa ai costi della politica”, è stata pubblicata in Gazzetta ufficiale.
Una norma che riduce drasticamente il contributo ‘ordinario’ alle spese dei gruppi di Palazzo dei Normanni, dai 2.400 euro al mese per deputato, a circa 700 euro. Prima dei tagli, insomma, l’Ars erogava ai gruppi parlamentari più di 200.000 euro al mese (quasi 3 milioni e 600 mila euro l’anno in tutto) ai quali si aggiungeva la cifra per pagare gli stipendi dei dipendenti “cosiddetti stabilizzati” – una somma che partiva da un minimo di 43.000 euro l’anno ad un massimo di circa 65.000 euro l’anno per dipendente (costo complessivo del lavoratore), a seconda dell’anzianità di servizio – . Poi, i 3.180 euro al mese di contributo per i portaborse. Contributi che – a partire dalla prossima legislatura – l’Ars non erogherà più ai gruppi proprio per effetto del decreto Monti, che prevede che siano i singoli parlamentari a pagare (di tasca propria) i collaboratori personali o le spese di segreteria.
Ma il risparmio – appunto – lo si vedrà soltanto tra 3 anni. ‘Colpa’ della dicitura che fa salvi “i contratti in essere” al 31 dicembre 2013 e ‘colpa’ dei deputati che sono corsi a contrattualizzare i portaborse così da mantenere, almeno per un altro po’, il contributo da oltre 3 mila euro al mese.
E, cosa forse più importante – soprattutto alla luce delle contestazioni fatte ai politici dell’Ars che hanno ricevuto gli avvisi di garanzia – , è che le spese vanno tutte rendicontate. Soltanto che questa non è una vera e propria novità. Se il decreto Monti in Sicilia è stato recepito soltanto nelle ultime settimane (la legge è stata approvata a Palazzo dei Normanni il 18 dicembre scorso), è anche vero che l’obbligo alla rendicontazione delle spese dei gruppi è in vigore già dal 2013. E cioè da quando è partita la nuova legislatura. La conferenza Stato-regioni lo ha stabilito nel 2012: le spese dei gruppi parlamentari devono essere rendicontate alla Corte di Conti. Cosa che avviene, quindi, da oltre un anno. Alcuni capigruppo all’Ars hanno anche assunto dei revisori dei conti che assicurino che tutto sia fatto ‘in regola’.
Ma resta il nodo sul come gestire le risorse che si possono spendere. A parte “il comune buon senso”, come lo ha chiamato qualcuno, non esiste una legge che stabilisce quali sono le spese lecite e quali no. C’è soltanto un decreto dei presidente del Consiglio, emanato nel 2013, che fornisce ai consigli regionali, alle regioni a Statuto speciale e al parlamento nazionale delle ‘linee guida’. Indicazioni che, dicono i capigruppo dell’Ars, “vengono seguite alla lettera dal momento del nostro insediamento”.
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17 Gennaio 2014, 13:07