In morte di un cavallo palermitano

di

29 Marzo 2011, 07:46

1 min di lettura

Non so spiegare esattamente il mio sentimento di dolore e di costernazione. Forse perfino troppo per la carcassa di un cavallo morto. Allora da dove viene questa ondata biliare apocalittica? Era solo un cavallo, deceduto probabilmente nel corso di una gara abusiva. Non c’è molto da dire sulla vita di un cavallo clandestino: si corre fino a morire. La scena è eloquente. L’animale stramazzato sull’asfalto. Ha le zampe allargate. Ci sono altri scatti che non vi abbiamo mostrato. Il sangue tra gli zoccoli. Il muso inondato di bava.

E’ la lunarità della scena a corrompere il senso comune? Forse. Che ci fa un cavallo assassinato dalla fatica in via Ernesto Basile? Ma Palermo è una città originale, capace di inventare diecimila tragicomici ghiribizzi per il gusto della sua gente. E poiché abbiamo visto i morti di mafia – li abbiamo visti nell’estremo orrore, ripiegati sul volante, inondati di sangue – dobbiamo rispettare le proporzioni: un cavallo è un cavallo.
E’ che prima correva e poi si è afflosciato. E’ che prima trasmetteva un sollievo di bellezza e forza, contraddetto dalla caduta. Speranza e rovina nell’identica galoppata. Lo possiamo dire che quel cavallo somiglia a Palermo? E non per via metaforica. Somiglia fisicamente a Palermo, crollata su se stessa.

Articoli Correlati

Ps. La storia ha sconvolto tanti. Ecco una pagina di protesta su facebook (QUI)

Pubblicato il

29 Marzo 2011, 07:46

Condividi sui social