19 Aprile 2013, 21:36
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PALERMO – Molti palermitani hanno avuto per anni l’abitudine di fermarsi, tornando dal lavoro o durante la giornata, alla libreria l’Aleph. Non vi si andava come si va in un negozio, ma quasi come da un vicino di casa o come si bussa alla stanza di un fratello maggiore, con i suoi arredi e i suoi libri. Non si usciva mai delusi o a mani vuote: nel caso rarissimo in cui Lorenzo Giordano, che della libreria era il patron e l’animatore, non avesse il libro cercato, ti ricompensava con la sua ironia, le sue riflessioni, una battuta, un consiglio di lettura. Spessissimo azzeccato. Perché, come tutti i grandi librai, aveva il dono di indovinare i gusti e le esigenze dell’interlocutore (e ne andava fierissimo). Ciò, com’è noto, fino ad alcuni mesi fa; quando una malattia improvvisa ha stroncato la vita di questo siciliano fiero e polemico.
Fra quei palermitani c’era Luigi Giordano: stesso cognome (ma nessuna parentela), altri interessi, altra professione, altra formazione. Ed un’idea. Anzi due. Che l’eccezionalità non si misura col metro della fama, dell’inaudito, dello spettacolare. E che informatica e tecnologia non sono il contrario di libri e cultura.
«Non possiamo dimenticare – dice – la forza che ci viene dalla nostra storia, non possiamo dimenticare la grande cultura che attraversa da nord a sud il nostro paese. Ecco, sembrerà strano ma esiste un forte collegamento tra cultura e tecnologia. E’ importante per i nostri ingegneri e soprattutto per i più giovani conoscere la nostra storia, la nostra cultura che in parte questi libri ci raccontano».
Da queste idee è nata la volontà di acquistare gran parte dei libri dell’Aleph, fra i quali molte edizioni rare e pezzi unici, arredi e mobilia della libreria e ricostituirla altrove. Questo altrove, che dista poche centinaia di metri dall’Aleph originaria, è ora una bellissima, suggestiva e luminosa “sala delle idee”. Che oggi alle 17.30 è stata inaugurata ed intitolata a Lorenzo Giordano. Un uomo, un siciliano, un libraio.
Non sarà una biblioteca virtuale, benché sia ospitata nei locali della società di informatica, la Avens, creata da Luigi Giordano, ma piuttosto una biblioteca tradizionale, che ospiterà anche seminari e workshop, in cui però i libri potranno essere prenotati direttamente da smartphone con un’applicazione progettata e realizzata dagli ingegneri di AVens. I quali, nella “sala delle idee”, che nell’800 era il salone affrescato della marchesa Notarbartolo, ci lavorano ogni giorno, si riuniscono, mangiano, parlano, leggono.
E respirano in qulche modo l’aria dell’Aleph: perché la sala ha molto di Lorenzo Giordano. Il calore del legno, la bellezza sciupata delle maioliche blu e verdi del pavimento, il ricordo di una nobiltà vissuta e perduta, negli alti soffitti e nelle finestre, affacciate su un breve tratto superstite di quella che fu, a Palermo, la via Libertà. Manca solo – dice un fratello – l’odore di fumo, delle onnipresenti sigarette che Lorenzo amava.
La sala, curata nei minimi dettagli e arredata con molti dei mobili della libreria, si riempie rapidamente, con Luigi e la moglie Tiziana e la famiglia Giordano – i figli, i fratelli e vari cugini – a fare gli onori di casa. Non è giorno per scettici, spregiatori dell’usuale e nemici giurati dei sentimenti: ci si commuove infatti, e si stenta a tenere gli occhi asciutti. Parla Luigi Giordano e scorrono su uno schermo scatti vecchi e nuovi della libreria, cartoncini (ce ne sono anche sul tavolo) con i commenti dei lettori di questo giornale all’articolo che annunciava la morte di Giordano, in luglio. Parla il figlio e legge due elenchi di cose che il padre amava e detestava. Ciascuno riconosce un pezzetto dell’uomo che ha conosciuto, dei suoi gusti calcistici, letterari, alimentari…Parla il fratello e ci ricorda il modo brusco con cui il libraio dell’Aleph consigliava un libro a quelli con cui aveva confidenza: «leggiti questo».
Un’ingiunzione, a metà fra l’incredulità burbera che non l’avessi ancora letto e la fiducia affettuosa che potessi ancora farcela, a colmare le tue lacune. Parla una cugina, e scopriamo che le belle librerie di cui Giordano era fierissimo erano l’esito di uno straordinario temporale che, abbattendo un filare di cipressi, aveva consentito al falegname a corto di fondi cui si era rivolto di approntarle con poca spesa: «lo volle il cielo!» dice lei.
Si va via con molte speranze: che Palermo abbia ancora qualche carta da giocare come città e come comunità; che la tecnologia, come la vedono Luigi Giordano e i suoi giovani collaboratori, possa umanizzarsi ed essere accogliente e aperta; abbattere gli steccati e non crearli, supportare la cultura e non ghettizzarla. Che il libro di carta e inchiostro non muoia nei prossimi anni, come preconizzato da molti profeti interessati. Che volere fortemente qualcosa, realizzarla, amarla sia infine fatica non sprecata, cosa che non muore. Ma semmai trascorre e trasloca, dissoda altre terre, rivive altrove, trova altri animatori e nuovi partecipanti.
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19 Aprile 2013, 21:36