Incastrati i “Mazzei” di Lineri |”Decriptato libro mastro del pizzo”

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19 Maggio 2018, 16:41

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CATANIA – Dalle gabbie dell’aula Serafino Famà sono tutti attenti. E a parte una piccola pausa di 15 minuti Rocco Liguori, sostituto procuratore della Dda di Catania, parla più di due ore e mezza davanti al Tribunale presieduto dalla giudice Maria Pia Urso e analizza solo una parte dell’inchiesta denominata Enigma che ha smembrato la cellula di Lineri della cosca Mazzei.  Specializzata in “pizzo” e riscossione crediti, la nuova frontiera delle estorsioni. Alla sbarra anche il capomafia Nuccio Mazzei, a cui il gruppo capeggiato – secondo l’accusa – da Costantino “Nuccio” Grasso doveva sempre riferire.

Il processo è arrivato alla sua fase clou con la requisitoria del pm che si concluderà, però, nel corso della prossima udienza che si svolgerà all’aula bunker di Bicocca. Solo al termine si conosceranno le richieste di pena del magistrato per gli oltre 20 imputati. È un viaggio cronologico attraverso indagini, intercettazioni, pedinamenti e arresti in flagranza. I “carcagnusi” beccati con le mani nella marmellata. In particolare con in tasca i soldi riscossi dalle vittime.

Ma partiamo dal libro mastro del pizzo. Si tratta di una serie di foglietti a quadretti, di un block notes, che la Squadra Mobile trova nel corso di una perquisizione proprio a casa di Nuccio Grasso. Gli investigatori riescono a decriptare gli appunti e ricostruiscono uno per uno i nomi delle attività commerciali sottoposte al pizzo, la data di consegna e l’ammontare. Una rete di commercianti che assicurava al clan una buona dose di contanti nella “pignata”: la cassa della cosca. Con quei soldi si dovevano garantire gli stipendi ai soldati, il mantenimento dei detenuti e inoltre predisporre i doni natalizi e pasquali. Un rituale mafioso a cui non si sottrae la cosca Mazzei, l’altra famiglia catanese di Cosa nostra oltre i Santapaola-Ercolano.

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Il pm Liguori sviscera pezzo per pezzo le indagini, ricordando le fasi del dibattimento, dai racconti degli investigatori in udienza alle testimonianze delle vittime. Tra l’inverno e l’estate 2013 i Carcagnusi di Lineri sono pedinati, seguiti, monitorati e intercettati. E la polizia può seguire in diretta anche gli incontri in via Palermo a casa di Grasso e poi i commenti sulla spartizione dei proventi del pizzo. Liguori cita decine e decine di intercettazioni “inequivocabili”, secondo il pm. Le conversazioni di Roberto Malerba (già condannato in abbreviato), Alfio Grazioso e Francesco Renda rappresentano le fondamenta solide delle indagini della Squadra Mobile che permettono di colpire più e più volte la cellula mafiosa. Ad un certo punto gli arresti in flagranza mettono in allarme gli affiliati. E per alcuni mesi smettono di riscuotere. Ma poi i soldi servono e allora si torna a bussare alle vittime. Ma nessuno immagina che ad aspettarli ci fossero gli investigatori della Mobile pronti a far scattare le manette. “Pensano che ci possa essere un infame tra di loro”, spiega Liguori seguendo quello che emerge da alcune intercettazioni.

I “Carcagnusi” poi diventano l’agenzia di riscossione della mafia: alcuni imprenditori invece di chiedere aiuto a professionisti per ottenere il pagamento dei propri debiti si rivolgono agli esponenti del clan Mazzei, che con i metodi della violenza e dell’intimidazione fanno pressioni per ottenere i pagamenti. Una forma di estorsione redditizia. “Si arriva al 40% delle somme riscosse”, spiega Liguori.

I NOMI DEGLI IMPUTATI. Guido Acciarito, Giuseppe Avellino, Paolo Cosentino, Salvatore Cosentino, Andrea Diego Cutuli, Giuseppe D’Agostino, Giuseppe D’Agostino, Salvatore Di Gregorio, Daniele Di Mauro, Concetto Ganci, Umberto Giusti, Costantino Grasso, Domenico Antonino Grasso, Alfio Grazioso, Sebastiano Mazzei, Giovanni Miuccio, Giovanni Papa, Francesco Renda, Giuseppe Chinnici, Mirko Antonino Santanocito, Francesco Terranova.

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19 Maggio 2018, 16:41

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