03 Ottobre 2013, 10:26
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PALERMO – Nessun episodio intimidatorio. Nessuna minaccia che potesse fare presagire il peggio. Secondo Rosalina Girone, la mafia non c’entra con l’incendio che ha distrutto il suo negozio di tessuti. La titolare “Casa Marbrisa” in via Nicolò Garzilli, a Palermo, tira in ballo piuttosto questioni legate all’attività professionale perché “noi siamo i migliori”. In negozio è rimasto un mucchio di stracci bruciati. I danni superano i settantamila euro. Una svolta alle indagini potrebbe essere data dalle numerose telecamere di sorveglianza che ci sono nella zona. E su quelle che si punta per risalire agli autori del rogo che ha distrutto il negozio.
La matrice è certamente dolosa. La scorsa notte qualcuno è riuscito a infilare un tubo sotto la vetrata al civico 6 in modo da versare del liquido infiammabile all’interno del locale. Poi, ha appiccato le fiamme. I carabinieri del comando provinciale di Palermo sono già al lavoro. Ad allertarli i residenti della strada a pochi passi da via Libertà spaventati dalla densa colonna di fumo che si è alzata in cielo
La frase di rito “nessuna pista investigativa può essere esclusa” stavolta calza davvero a pennello. L’utilizzo del tubo non rientra nel cliché a cui ci hanno “abituato” gli uomini del racket di Cosa nostra, che al centro come in periferia non ha mai smesso di fare pressione sui commercianti. È pur vero, però, che ad agire deve essere stata gente esperta e senza paura. Nonostante l’incendio sia avvenuto di notte, via Garzilli, infatti, è una strada frequentata anche quando le saracinesche dei negozi sono abbassate. Altrettanto vero è che il salotto di Palermo rientra fra le zone controllate dal clan di Resuttana, fra i più attivi negli ultimi periodi in città nella raccolta del pizzo.
I titolari del negozio dicono, dunque, di non avere mai ricevuto richieste estorsive o avvertimenti. Avvertimenti che, in questo come in altri casi, dovrebbe essere stati lanciati prima di arrivare all’incendio del negozio. I mafiosi mettono paura e pressisone al commerciante preso di mira. Gli bruciano la bottega solo come soluzione estrema. Un negozio distrutto smette, infatti, di essere un luogo da cui attingere denaro. A meno che, altra ipotesi in ballo, il clan non abbia deciso di alzare il tiro con un gesto eclatante. Un monito per tutti i commercianti della zona.
Una posibile svolta nelle indagini potrebbe arrivare dalle telecamere di sicurezza piazzate nei negozi. Ce ne sono parecchie nel tratto di strada pieno di boutique, bar e pizzerie. Bisognerà capire, però, se abbiano o meno ripreso l’attentatore e se la qualità dei frame sia buona per individuarlo.
Per tutto il giorno nel negozio di “Rosalina”, tutti la chiamano così, c’è stato un viavai di persone. Clienti, amiche, gente del quartiere. E qualcuno amareggiato dice: “Bisogna scappare da questa città. Dobbiamo espatriare”.
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03 Ottobre 2013, 10:26