AGRIGENTO- Salvatore Benfari non voleva certamente morire da eroe. Voleva vivere e vedere crescere le figlie, le sue bambine, gli amori della sua vita. Le loro grida, una richiesta disperata di aiuto per quelle fiamme che stavano divorando tutto, hanno squarciato la tranquillità e la quotidianità di un paesino abitato da neppure tremila anime.
Il dolore di Caltabellotta
Caltabellotta, incastonata tra le rocce in provincia di Agrigento, si è risvegliata addolorata per la perdita di uno dei suoi figli più puri. Salvatore, con il cuore in gola, non ci ha pensato neanche un attimo a lanciarsi nel fuoco che, inesorabile, stava inghiottendo tutta la sua vita: figlie, madre, casa.
Ha sfidato fiamme e fumo per portare in salvo le due bambine e, dopo esserci riuscito, non si è fermato. È tornato dentro quella casa, ormai inghiottita dal rogo, per mettere in sicurezza anche la madre di 73 anni.
Un’impresa che, grazie all’aiuto del proprio padre, è riuscita. Salvatore, da quella abitazione in via Cappuccini, non è però più uscito.
Salvatore Benfari era un operaio specializzato nella saldatura, di quelli veramente bravi. Le aziende lo chiamavano spesso per lavori importanti, l’ultimo nella zona del Brennero, motivo per il quale si era trasferito al Nord.

Tuttavia, ciò non gli impediva di tornare nella sua Caltabellotta quasi mensilmente per poter riabbracciare la moglie, insegnante in servizio a Palermo, le sue due bambine e gli anziani genitori.
In paese, come accade in una comunità di tremila persone, si conoscono tutti. E in tanti oggi ricordano l’operaio con parole di affetto, di stima: sempre col sorriso, cordiale, premuroso con la famiglia. Si dice sempre così quando qualcuno muore ma – nel caso di Salvatore – era veramente così.
Il sindaco di Caltabellotta, Biagio Marciante, ha già annunciato il lutto cittadino nel giorno dei funerali. La comunità e i familiari, intanto, piangono in silenzio.