“Corruzione al Comune di Palermo” | Un’inchiesta scuote la burocrazia

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08 Settembre 2018, 06:01

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PALERMO – L’avviso di proroga delle indagini è quasi ermetico, ma le poche righe dell’atto giudiziario sono sufficienti a scuotere la burocrazia comunale. Giuseppe Monteleone, Mario Li Castri e Paolo Porretto sono indagati per corruzione. L’indagine sarebbe partita ascoltando alcune intercettazioni dell’inchiesta sull’ex presidente delle Misure di prevenzioni Silvana Saguto. Altre persone raccontavano che al Comune c’era una gestione poco trasparente delle pratiche..

Monteleone dal Suap, lo sportello unico per le attività produttive, è stato recentemente trasferito a “Ville e giardini”. Una decisione presa dopo che lo stesso funzionario ha comunicato all’amministrazione dell’indagine a suo carico. Li Castri dall’Area infrastrutture due mesi fa è passato alla Mobilità, ma l’indagine nulla c’entra. Porretto è all’ufficio “Città storica”.

Quest’ultimo, nel luglio 2015, era il capo dello sportello unico per l’edilizia privata. Nello stesso periodo Monteleone era dirigente dello sportello per le attività produttive. Nell’avviso di proroga di sei mesi delle indagini si scopre che l’inchiesta è del 2017 e il reato ipotizzato sarebbe stato commesso “in data successiva o prossima a luglio 2015” e cioè in concomitanza con la promozione a dirigenti dei due funzionari e uomini di punta della burocrazia targata Leoluca Orlando.

Nell’atto di proroga, la seconda chiesta dal pubblico ministero Enrico Bologna e concessa dal Gip Fabrizio Molinari, vengono citati gli articoli 319 e 321 del codice penale contestati a corrotti e corruttori. Qualcuno, è questa l’ipotesi, avrebbe “ripagato” con denaro o altre utilità dei favori.

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Per gli architetti Monteleone e Li Castri, tornati funzionari dopo il periodo di dirigenza a termine, si tratta di una nuova grana giudiziaria dopo la condanna (due anni di carcere senza sospensione della pena e una multa di 80mila euro ciascuno) subita lo scorso marzo per una presunta lottizzazione abusiva a Mondello.

Sono, infatti, tra i proprietari delle ville di via Miseno, confiscate dalla sezione del Tribunale presieduta da Marina Petruzella che ha emesso una sentenza durissima. Secondo l’accusa, per costruire le ville si sarebbe dovuta seguire la procedura del piano particolareggiato che, a garanzia dei vincoli paesaggistici, prevede un passaggio in Consiglio comunale. Ed invece, per snellire le pratiche, sarebbe stata sfruttata una circolare, la Schemmari, firmata nel 2006 a poche settimane della richiesta di concessione edilizia e ratificata dal Consiglio comunale. La circolare avrebbe aperto una maglia, consentendo di costruire in deroga al piano regolatore, bypassando la necessità di un piano particolareggiato con un planivolumetrico dall’iter molto più snello. Fatti antecedenti al 2015, periodo in cui sarebbero avvenuti i reati.

“Non ho idea di cosa si tratti. Ho dato da tempo mandato al mio avvocato, Marcello Montalbano – spiega Li Castri – di chiedere subito al pubblico ministero di essere sentito per contribuire ad accertare la verità. Di sicuro ho sempre operato con correttezza”. Sulla stessa lunghezza d’onda Monteleone: “Ho chiesto al mio legale, l’avvocato Nino Zanghì, di acquisire eventuali notizie. Non conoscono l’indagine e non eslcudo che possa trattarsi di un atto dovuto. Io resto sereno”. Non siamo riusciti a raccogliere la posizione di Porretto.

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08 Settembre 2018, 06:01

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