18 Ottobre 2017, 18:11
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PALERMO – Se il guard rail fosse stato di quelli in regola con le norme di sicurezza probabilmente Salvatore Chiofalo non sarebbe morto lungo l’autostrada Messina-Palermo. Ed invece la macchina di Chiofalo, palermitano, dipendente di Italgas ed esperto pilota di rally, nel 2015 urtò la barriera protettiva e si ribaltò poco prima dello svincolo di Brolo, nei pressi del viadotto Zappardino. Aveva 54 anni.
Il giudice per l’udienza del Tribunale di Patti, Andrea La Spada, ha rinviato a giudizio Gaspare Sceusa, dirigente del Consorzio autostrade siciliane e responsabile dell’Ufficio manutenzioni. Il processo per omicidio colposo inizierà il prossimo 12 marzo. Il Gup riconosce un concorso di colpa allo stesso Chiofalo che viaggiava a 140 chilometri orari lungo un tratto autostradale coperto dalla grandine. Di avviso opposto gli avvocati dei familiari, parte civile al processo. Secondo i legali Alessandro Martorana e Luigi Vizzini, la Fiat Punto di Chiofalo non superava i 70 chilometri orari.
La vicenda di Chiofalo va oltre la tragica morte e ripropone il tema della sicurezza sulle autostrade siciliane. Una circolare del ministero dei Lavori pubblici, aggiornata nel 1998, impone di ammodernare i “tratti significativi” delle autostrade e cioè quelli in procinto di viadotti, gallerie e curve a raggio stretto. C’è l’obbligo di cambiare i vecchi guard rail ed invece la macchina di Chiofalo andò a sbattere contro una “barriera a bassa resistenza di contenimento”, laddove doveva essercene una “omologata dalle commissioni tecniche”. È vero, scrive il giudice, che Chiofalo viaggiava a “velocità altamente sostenuta in relazione alle avverse condizioni atmosferiche”, ma è altrettanto vero che un guard rail moderno avrebbe impedito “con un’altra probabilità logica l’evento morte”. Dal processo escono, con una sentenza di non luogo a procedere, Angelo Puccia e Antonino Piccione, responsabili di zona della manutenzione e della sicurezza del Consorzio per le autostrade siciliane.
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18 Ottobre 2017, 18:11