04 Novembre 2009, 10:38
1 min di lettura
Ora nel fascicolo della procura di Palermo, per attentato agli organi costituzionali dello Stato, finisce anche Bernardo Provenzano. L’inchiesta, già archiviata cinque anni fa, che coinvolgeva Totò Riina, Vito Ciancimino e Nino Cinà, coinvolge anche l’ultimo dei corleonesi. Ne dà notizia l’edizione odierna del Giornale di Sicilia. Ma nel mirino del pool coordinato dall’aggiunto antimafia Antonio Ingroia – con i sostituti Di Matteo, Guido e Scarpinato – ci sono anche politici, colletti bianchi ed esponenti delle forze dell’ordine. Fra questi l’ex colonnello del Ros dei carabinieri Mario Mori, già sotto processo a Palermo per favoreggiamento alla mafia, e il capitano Giuseppe De Donno dello stesso reparto.
I due alti ufficiali hanno collocato i contatti con Vito Ciancimino dopo la strage di via D’Amelio. Diversamente da quanto affermato dall’ex ministro della Giustizia, Claudio Martelli e dall’ex direttore degli affari penali, Liliana Ferrara. I due, che saranno risentiti dai magistrati palermitani, hanno parlato della comunicazione che a loro era pervenuta sull’intenzione di Vito Ciancimino di cercare una “copertura politica” per mettere fine alle stragi, collocandola fra le stragi di Falcone e Borsellino.
Anche Massimo Ciancimino – che oggi parlerà ai magistrati della procura di Catania – sarà risentito dai pm. Insieme alla copia del “papello”, il figlio di Don Vito ha consegnato ai giudici alcuni nastri del padre contenuti nella stessa cassetta della banca del Liechtenstein.
Pubblicato il
04 Novembre 2009, 10:38