“Indennità, sì al decreto Monti | Caputo? Io l’avevo detto…”

di

22 Novembre 2013, 11:31

2 min di lettura

PALERMO – “Ho sempre detto che il decreto Monti in Sicilia va applicato, senza se e senza ma. E non ho cambiato idea”. L’occasione per ribadire il concetto è quella giusta: un convegno organizzato dall’Ars e dal Consiglio di giustizia amministrativa nella Sala Gialla di Palazzo dei Normanni. Giovanni Ardizzone veste i panni del padrone di casa, ma non si sottrae ai temi del dibattito: la trasparenza nella pubblica amministrazione e la legge anticorruzione.

“Non dobbiamo confondere – ha detto Ardizzone – la questione delle indennità con quelle riguardanti la specialità del nostro Statuto. La cui forza va ribadita in riferimento ad altri aspetti, su altre materie. È vero – prosegue il presidente dell’Ars – che siamo un organo di rilevanza costituzionale, ma questo significa che dobbiamo arrivare prima degli altri”.

E Ardizzone ha anche sottolineato, però, come l’applicazione in Sicilia di alcune norme nazionali possa creare qualche problema. Come nel caso dell’obbligo della pubblicazione dei nominativi dei consulenti (“Io l’ho fatto subito, non tutti i componenti del consiglio di amministrazione, invece, lo hanno fatto, ma dovranno farlo dal primo gennaio”) o quello della pubblicizzazione anche dei redditi dei familiari più stretti (“ho dovuto chiederlo a mio padre, che ha ottant’anni e va in giro con una Panda dell’89”).

Articoli Correlati

Ma il tema del convegno di oggi, come detto, è anche quello della legge “anti-corruzione”. La legge Severino, che ha immediatamente avuto effetti in Assemblea, con la decadenza del deputato Salvino Caputo, recentemente confermata dal Tar: “Già in quei giorni – ricorda Ardizzone – dissi ‘dura lex, sed lex’. Non c’erano dubbi. Certo, allora mi trovai di fronte a un bivio. Tra l’idea di iniziare un contraddittorio fatto di ricorsi in sede di Commissione verifica poteri e quella di dichiarare la decadenza di Salvino Caputo. Alla fine, anche il tribunale ha confermato quest’ultima impostazione, respingendo le eccezioni di costituzionalità e riconducendo la questione a un problema di ‘indegnità’”.

Ma anche su questa norma, non mancano i dubbi. “Certamente – dice infatti Ardizzone – qualcosa da chiarire ci sarebbe. Penso ad esempio al fatto che l’ultimo consigliere comunale possa decadere per una pena inferiore ai due anni, mentre per un deputato nazionale questa deve essere necessariamente superiore a due anni. È come dire che chi è indegno per un Consiglio comunale può essere degno per un parlamento nazionale”.

Pubblicato il

22 Novembre 2013, 11:31

Condividi sui social