26 Novembre 2016, 20:25
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PALERMO – Aziende in crisi, sull’orlo del baratro o sul punto di riprendersi, ma comunque in difficoltà e con migliaia di lavoratori che restano con il fiato sospeso. L’economia, a Palermo, non gode certo di ottima salute: se gli indicatori economici dimostrano che al Sud inizia a fare capolino una timida ripresa, vedi il Pil tornato positivo dopo sette anni di buio, nel capoluogo siciliano le vertenze in bilico sono ancora numerose e per migliaia di lavoratori il futuro appare quantomeno incerto. Si va dall’ex Fiat ai Cantieri Navali, dalla Sis alla Tecnis, dagli hotel ai teatri, dalle telecomunicazioni ai call center, passando per le partecipate e finendo ai piccoli negozi. “La situazione è molto complessa – dice Enzo Campo della Cgil – a Palermo la crisi sta colpendo tutti i settori, da quello manifatturiero al commercio e all’agricoltura. Anche quello che sembrava poter reggere sta mostrando sofferenze e migliaia di lavoratori vivono in grande difficoltà”.
Uno stato di sofferenza che non sembra risparmiare proprio nessuno, anche se alcune situazioni appaiono meno tragiche di altre. A Termini Imerese, per esempio, Invitalia ha sbloccato la prima tranche da 22 milioni di euro che consentirà a Blutec di fare gli ordini, avviando la ripresa dell’area industriale, ma il percorso è ancora lungo (almeno fino al 2018) e rimangono le incognite per l’indotto e gli ammortizzatori sociali; su Almaviva invece è stato raggiunto in extremis l’accordo al Mise che ha scongiurato i trasferimenti a Rende.
Va decisamente peggio nel settore delle grandi infrastrutture e della cantieristica: la Sis, che sta costruendo il passante ferroviario, chiede a Rfi altri 100 milioni di euro per completare l’opera e 250 lavoratori sono a rischio; la Tecnis, a cui invece è stato affidato il compito dell’anello ferroviario, è ormai da tempo in bilico e il timore è che l’opera possa restare incompleta; sui Cantieri Navali i sindacati fremono, chiedendo a Fincantieri e a Roma certezze sul futuro del sito, che passa anche dai lavori che dovrebbe eseguire la Regione sui bacini.
“Quelli di Sis e Tecnis sono casi emblematici di grandi opportunità che vengono interrotte in modo quasi drammatico – commenta Campo – e dire che le grandi opere dell’edilizia, in un momento di crisi come quello che viviamo, hanno rappresentato una riserva di ossigeno importante per il settore che è stato tra i più colpiti”. Si aggiungono all’elenco anche i 25 addetti alla manutenzione del tram della Eds Infrastrutture, che protestano per i ritardi negli stipendi, e i 45 licenziamenti annunciati dalla Cefalù 20, impegnata nel raddoppio della tratta ferroviaria Fiumetorto-Ogliastrillo, che ha quasi completato l’opera.
Restando in ambito industriale, le vertenze sono diverse: dai dipendenti Selital, per i quali c’è un tavolo convocato al Mise, alla Keller. Basta pensare che negli ultimi cinque anni sono scomparse un migliaio di aziende, soprattutto di natura manifatturiera, passando dalle 6.874 del 2009 alle 5.667 di fine 2015, mentre nel comparto metalmeccanico sono andati persi 2.500 posti di lavoro. A Termini Imerese sono ormai scomparse la Biennesud, che si occupava di verniciare le auto Fiat, mentre sono in agonia la Universalpa, che forniva i pezzi lavorati della Punto, la Tecnoimpianti, la Clerprem che realizzava i sedili per il Lingotto, la Ergom-Magneti Marelli, la Lear, la Imam. Una desertificazione dimostrata anche dal rapporto Irsap 2013, secondo cui delle 86 industrie dell’area di Termini quasi la metà hanno chiuso i battenti. Nella zona di Carini hanno gettato la spugna la Tecnosistemi, la Palitalia, la Effedi e la Cpc: in tutto 300 posti di lavoro. Ha chiuso la Icar Arredi, in affanno la Tecnozinco e la Omer. Non va meglio a Brancaccio. Nel settore delle telecomunicazioni, a essere in fermento sono soprattutto i lavoratori della Tim che hanno portato in piazza perfino una bara di cartone.
Un capitolo a parte merita il comparto che dipende dal “pubblico”: dal Teatro Biondo, che ha messo 12 dipendenti in cassa integrazione, ai 75 lavoratori di Sviluppo Italia Sicilia che dovrebbero essere assorbiti nel mondo regionale, dall’agitazione dei sindacati in casa Gesap ai 45 dipendenti dell’Istituto Zootecnico siciliano che non percepiscono da mesi lo stipendio. Sono in difficoltà a pagare gli stipendi perfino i comuni, così come soffre il mondo del sociale (dall’assistenza agli anziani ai servizi per disabili) che vive per lo più dei trasferimenti pubblici e le Ipab, che contano 2 mila dipendenti in tutta la Regione. Attendono la stabilizzazione gli ex Pip e i precari degli enti locali.
“La cosa che colpisce è che a soffrire siano anche il commercio o gli alberghi, proprio mentre si registra un incremento dei flussi turistici dovuto alle turbolenze del Nord Africa e del Medio Oriente – spiega Campo – c’è il problema dei call center e di tutti quei settori che sono arrivati in Sicilia grazie agli incentivi e che, una volta terminate le agevolazioni, fanno fatica a stare sul mercato e provano a tagliare il costo del lavoro. Un meccanismo che impoverisce l’economia e, si sa, un’economia povera produce solo povertà. A Palermo registriamo la crisi, ma nella provincia c’è la desertificazione: strade colabrodo, poche infrastrutture. Il punto è che tutti denunciano la crisi, ma pochi propongono ricette concrete che vadano al di là del presente”.
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