Intervista a Bibiana Borzì | autrice del saggio “Sibilla”

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28 Maggio 2013, 10:56

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CATANIA. Il mito della Sibilla, la protagonista del saggio scritto da Bibiana Borzì, ha destato interesse in ogni epoca storica lasciandoci in eredità un personaggio quasi dimenticato: la Sibilla era una demente e, secondo la tradizione antica, i dementi, liberi da impalcature, erano nelle condizioni di dire il vero. Mezze matte che, oltre a dire la verità, riuscivano a predire il futuro. Guardando ai luoghi in cui si sono tradizionalmente avute le prime manifestazioni della Sibilla, se ne conoscono tre gruppi: greco-ionico, greco-italico, orientale. Appartiene al secondo gruppo la sibilla Cumana, la più nota grazie all’opera di Virgilio, portata a Cuma dai coloni ionici e diventata indipendente, fino ad assumere un suo nome proprio, Demo o Demofile; vi sono poi la Sibilla Cimmeria, cioè la Cumana proiettata molto più innanzi negli anni, la Sibilla Italica, la Tiburtina e la Libica, nominata per la prima volta da Euripide.

La nascita del saggio della Borzì si deve far risalire ad un caldo pomeriggio romano, durante una visita dentro la Galleria Nazionale d’Arte Moderna di Roma; esattamente nella veranda Sartorio, illuminata da una luce abbagliante. Bibiana, cos’è che ti ha fatto pensare di cimentarti in un’operazione così complessa, quale la stesura di un saggio sul tema della Sibilla? “Riconosco essere stata un’operazione impegnativa che nasce dalla mia passione per l’artista. Ricordo che la prima volta che vidi Sartorio a Roma ho vissuto l’emozione di un incontro con una persona che non conosci ma che visivamente arriva attraverso l’arte”. “Le opere che più mi colpirono furono due, la Gorgone e gli eroi, parte di un dittico e Diana di Efeso e gli schiavi”. Un ritorno ai temi mitologici, quindi, ha dato l’input allo studio e ad una ricerca affannata. “Mi sono quasi sentita una detective – racconta durante l’intervista l’autrice – nel percorso di studio: le tavole di Sibilla che tornavano nei grafici, l’assenza di monografie, la parola vita che ricorreva ben 33 volte nel libro oggetto di studio … tanti particolari mi hanno rapita e spronata a svolgere ricerche approfondite”. Dentro la pubblicazione sta una serrata ricerca: la passione, l’ardore, la sete di scoperta animano convintamente Bibiana che – come afferma la professoressa Giovanna Giordano – si avvia ad essere una grande studiosa dell’arte anche grazie alla dedizione che l’ha portata a trascorrere lunghi anni di studio all’interno del Louvre. La sua abilità – prosegue – è stata di ritrovare una cosa di cui ci si era dimenticati scoprendo un dettaglio non piccolo per importanza”.

Ma che sembianze possiede la Sibilla?

“A differenza del comune modo di intenderla – spiega la professoressa – per Sartorio la Sibilla è una donna molto bella e la raffigura in bianco e nero in modo sensuale, morbido, quasi erotico che gode del pennello che scivola con impeto”. La passione per la storia dell’arte è un tratto distintivo della famiglia dell’autrice e della madre nello specifico che – come racconta Bibiana ai microfoni di livesicilia – ha scelto un nome romano per la figlia. Non si tratta, infatti, di una variante del nome Viviana, che <è colei che ha vita> nè deriva dal cognomen romano Vibianus dall’origine etrusca ma di significato ignoto. “Mia madre si è ispirata alla prima opera eseguita da Gian Lorenzo Bernini a Roma”- ricorda.

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Dove si è svolta la tua formazione?

“Anni molto significativi sono stati quelli all’interno della scuola del Louvre, poi i seminari internazionali hanno fatto il resto, permettendomi di cogliere quanto di più importante ci potesse essere; tutto ha inizio a Catania ma ben presto trascorsi del tempo all’estero”.

Che libro tieni sul comodino?

“Ne tengo parecchi, tra cui alcune riviste di architettura; in questo momento, <Amate l’architettura>, di Giò Ponti, un testo di agevole lettura e molto interessante”.

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28 Maggio 2013, 10:56

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