04 Febbraio 2019, 06:04
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“Il mio sogno? Glielo dico subito: diventare presidente della Regione”.
Chiacchierare con Cateno De Luca, sindaco di Messina, è come agitare la lattina della gazzosa e poi stapparla, di colpo, per vedere l’effetto che fa. Purissima effervescenza. E sono sempre chiacchiere istruttive, essendo il suddetto un ‘animale politico’ di lungo corso. Citando a saltare. Consigliere comunale del natio comune di Fiumedinisi. Sindaco del suo paese e poi di Santa Teresa Riva. Deputato regionale. Adesso, primo cittadino in riva allo Stretto. Sempre a galla come un misirizzi, nonostante qualche disavventura. Sempre sulla bocca di tutti, dai fiori alla Madonna, alla telefonata ‘fake’ con Papa Francesco. De Luca è il personaggio che ci vuole per strologare eventi e personaggi della politica siciliana (e non solo), azzardando qualche profezia.
Sindaco, cominciamo dalla cronaca…
“Cominciamo”.
Sono stati messi in ferie circa settecento dipendenti, sugli 840 della Città metropolitana. ‘come forma di protesta – rileggiamo – nei confronti dello Stato e della Regione, responsabili della grave situazione finanziaria’. Il fatto è così grave?
“Gravissimo, potrebbe essere solo il preludio del dissesto. E’ una vicenda assurda, determinata dal prelievo forzoso per contribuire al risanamento del debito pubblico in cui l’esclusivo creditore è lo Stato. Abbiamo uno squilibrio di 12 milioni di euro per l’anno 2018 che rischia di far saltare circa 300 milioni di euro di investimenti. Le pare poco?”.
Immaginiamo la preoccupazione.
“Moltissima. Ma qui ogni discussione è inutile, se non interviene qualcosa di definitivo che rimetta le cose a posto. E’ superfluo immaginare soccorsi dell’ultimo minuto”.
A che punto è la notte a Messina, città bellissima e tormentata?
“Il palazzo municipale è stato spesso crocevia di equilibri di varia natura che non hanno fatto bene né alla comunità, né al palazzo stesso. Stiamo cercando di intervenire, affrontando i nodi strutturali che abbiamo ereditato, con la razionalizzazione, il riequilibrio e la riorganizzazione. Sa qual è il vero tema?”.
Qual è?
“Garantire la normalità dei servizi. Faccio un esempio: l’acqua veniva erogata dieci ore al giorno. Siamo arrivati a sedici ore. Stiamo mettendo mano ai fondi non spesi, alla progettualità. Cerchiamo di invertire la rotta con il massimo impegno”.
Ma a quali equilibri si riferisce?
“Non solo politici. Cose che riguardano appetiti e perfino altri palazzi. A Messina certi condizionamenti esistono. A Catania e a Palermo, il nemico politico si affronta alla luce del sole. Qui puoi essere colpito, senza sapere né il motivo, né chi ha sferrato il colpo”.
Andiamo ai piani regionali. E’ vero che lei vagheggia di diventare presidente?
“Certo, l’ho sempre detto, mica è una novità. Governo una città complicatissima. Amministrare la Regione è un progetto realistico per me. Se esco vivo e a piede libero da questa esperienza, avrò acquisito, sicuramente, gli anticorpi necessari”.
Ci proverà?
“E’ la mia ambizione. Sa che mi dicevano?”.
Che le dicevano?
“Quando ho vinto le elezioni a Santa Teresa, mi dicevano: stai attento, non è Fiumedinisi. Quando ho vinto le elezioni a Messina, lo stesso: stai attento, non è Santa Teresa. Magari, un domani, diranno cose simili quando sarò a Palazzo d’Orleans. Mi piace alzare l’asticella”.
Un giudizio sul governo?
“Nello Musumeci si sta comportando da quella grande persona perbene che è sotto il profilo istituzionale. Sulla gestione non esprimo un giudizio. Un anno non è sufficiente per un cambio di rotta. Noto che, nei posti di sottogoverno, resistono ancora certe logiche spartitorie. Spero che il presidente sappia liberarsi delle scorie. Io faccio il politico a mani nude. Non ho uomini miei piazzati di qua e di là. La pubblica amministrazione non è mica un bancomat””.
Che voto diamo al governatore?
“Merita la sufficienza”.
E Miccichè?
“Ho notato una certa, apprezzabile sobrietà”.
Sobrietà? Scusi, sindaco, parliamo dello stesso Gianfranco Miccichè che ha detto, per esempio, che Salvini è peggio di Hitler?
“Ma che c’entra? Quello è un elemento folcloristico. Sa cosa ho spiegato a Raffaele Lombardo?
No, cosa gli ha spiegato?
“Gli ho detto chiaro e tondo: ‘Raffaele, la politica è cambiata. Si basa sulla iperbole’. E lui mi ha chiesto: ‘Su che cosa?’. E io: ‘sulle minchiate, Raffaè‘”.
Sulle minchiate. Ne è convinto?
“Si tratta di un paradosso, ovviamente. Ma è vero che la comunicazione è rivolta a un elettorato non sempre attento, spesso uterino. E devi farti ascoltare…”.
Devi farti ascoltare….
“Ma sì! C’è un problema di comunicazione, appunto. Gianfranco l’ha capito, perché è intelligente”.
L’Ars come le pare?
“Con una qualità più alta. Non so se sia così perché non c’è più niente da dividere o perché il livello è elevato. Confido nella seconda ipotesi”.
Politica nazionale. I Cinque Stelle.
“C’è la novità del reddito di cittadinanza che somiglia agli ottanta euro di Renzi. Un provvedimento per acchiappare consenso e voti. Mi pare diseducativo. Al Comune ho la fila dietro la porta… Si rischia di creare un’illusione momentanea, ma mi auguro di sbagliare”.
Il Pd.
“Sono insipidi e devono decidersi. Sull’identità, intendo: stanno al centro o stanno a sinistra? Mi pare che insistano con l’autoflagellazione”.
Salvini.
“Aveva promesso di aiutarci con la baraccopoli. Se ne sarà dimenticato. Solo la Regione ci sta dando una mano. Comunque durerà nel tempo, magari come futuro premier, sostenuto da Forza Italia e dai moderati”.
Lei fu vittima di uno scherzo, la finta telefonata di Papa Francesco.
“Come potrei dimenticarlo? Mi ha lasciato il segno, mi ha ferito”.
“Ma se incontrasse davvero il Papa, un giorno…”.
“… Ho pure il sogno di un udienza privata con lui”.
E che gli direbbe?
“Di intercedere per me con l’Altissimo, affinché io mantenga la forza e lo spirito saldo nei momenti di sconforto”.
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04 Febbraio 2019, 06:04