27 Luglio 2014, 06:01
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GIARRE. C’è anche Claudio Fava all’incontro con la “Buttanissima Sicilia” di Pietrangelo Buttafuoco, organizzato a Giarre nell’ambito della rassegna “Girare pagina”. Se le visioni politiche tra i due rimangono distanti, le opinioni sulle condizioni della Sicilia e sul suo attuale Governatore trovano invece una straordinaria convergenza. “Pietrangelo fa un lavoro d’eccellenza – dice il vice presidente della commissione parlamentare antimafia – nell’assumere le parole chiave, che raccontano un po’ la mitologia siciliana, e nello scorticarle una per una. Parole scorticate, ridotte all’osso, alla loro finzione, al loro paradosso. Utilizzate – secondo Fava – come fuochi d’artificio e poi spente sul nostro destino senza produrre nulla”. Le parole sono autonomia, rivoluzione, cultura, formazione. Tutte opportunità perse per la Sicilia.
La presentazione del libro di Buttafuoco è l’occasione per capire, ad un mese dalla fuoriuscita dal partito vendoliano e dopo la recente fondazione del movimento Libertà e diritti, il futuro degli ormai ex Sel. Fava, infine, non si sottrae alle domande su Catania e sul primo anno di sindacatura Bianco. Nel ballottaggio del 1993 fu proprio il vicepresidente della Commissione Antimafia a contendersi con l’attuale primo cittadino la poltrona di primo inquilino di Palazzo degli Elefanti.
Claudio Fava, Led finirà con il confluire inevitabilmente nel Pd?
“No, se fosse stato questo l’obiettivo chi voleva poteva entrare nel Partito Democratico senza chiedere permesso a nessuno. Così ha fatto qualcuno. Noi immaginiamo che tra un anno non ci sia traccia di queste formazioni politiche che hanno scandito da posizioni maggioritarie o minoritarie il centrosinistra ma che ci possa essere, questa è la sfida culturale e politica che lanciamo al Pd, la creazione di un campo vasto, largo, aperto, senza troppi perimetri, che raccolga anche storie e percorsi diversi. Un partito che non sia più un partito ma una comunità di tipo anglosassone, come il partito laburista. Nel Labour c’è spazio per Tony Blair ma anche per il sindaco trotskista di Londra. E’ un luogo che ha saputo trovare una sintesi tra percorsi, storie e identità diverse. Credo che il voto che ha ricevuto il Partito Democratico chieda questo. Non tanto e non soltanto una fidelizzazione nei confronti del Pd ma il bisogno di costruire qualcosa che rappresenti l’eredità del centrosinistra. Il centrosinistra che abbiamo conosciuto ormai è superato. Questo naturalmente è un work in progress”
Mi dica cosa le piace e cosa non le piace di Renzi.
“Mi piace il coraggio con cui ha saputo affrontare temi e pratiche innominabili della politica italiana. Anche il tema delle riforme, ambito, agitato ma considerato sempre una questione intoccabile, recupera, anche se ne abbiamo persa memoria, una vecchia battaglia della sinistra del partito comunista che lottava 30 anni fa per il monocameralismo. In questo senso Renzi non inventa nulla. Mi è sembrato condivisibile l’approccio pragmatico, e nello stesso tempo anche coraggioso, che ha avuto con il tema della giustizia. Perché la reintroduzione del falso in bilancio nel codice penale, come dovrebbe avvenire con la riforma Orlando, l’introduzione del reato di autoriciclaggio, il tema della lotta alla corruzione con gli ampi poteri dati al giudice Cantone, per me rappresentano una svolta in questo Paese. Mi sembra che il processo di deberlusconizzazione non cominci o finisca con i suoi processi ma attraverso la reintroduzione per esempio di un reato particolarmente importante sul piano simbolico, che il ventennio berlusconiano aveva voluto espellere dal codice penale. Parlo del falso in bilancio. Ci sono altre cose delle quali non sono affatto convinto. La riforma del lavoro mi sembra una riforma che ha un’attenzione più per chi produce che per chi lavora, che rischia di consolidare il precariato, che crea forbici sociali tra chi ha e chi non ha. Ma questo è tema di confronto, di battaglia politica . Mi sembra che una battaglia politica non si possa affrontare da un punto di vista autoreferenziale, minoritario, di pura testimonianza. Così non era Sel quando io la fondai. Da quell’idea di Sinistra ecologia e libertà ci si è allontanati in modo vertiginoso e definitivo”
Quali sono stati gli errori più gravi commessi dal suo ex partito?
“La miopia, la presunta furbizia con cui si è pensato di reagire alla sconfitta di Italia bene comune, improvvisando altri percorsi, costruendo una deriva sempre più antagonista che nulla ha a che fare con le ragioni per cui era stata fondata Sinistra ecologia e libertà. E tutto questo è stato fatto con un po’ di furbizia, nel senso che non era dentro una convinzione profonda. Si è recuperata la parte più antica del pensiero bertinottiano ma Bertinotti ha sempre proposto il suo punto di vista. Vendola mai. E si è recuperata tradendo quello che fino al giorno prima rappresentava il nostro campo di battaglia politico ideale, il socialismo europeo. Un’alleanza sui grandi temi e sulle grandi battaglie con il Partito Democratico, anche se in questa legislatura noi eravamo all’opposizione e loro rappresentavano il governo. Di tutto questo non è rimasta traccia. Considero che questa sia anche la conseguenza di una gestione molto privatistica del partito. E in questo mi sembra che Sel abbia recuperato i peggiori difetti della vecchia politica. Quando un partito diventa il partito del capo e quando tutto funziona in nome del consenso dovuto a chi rappresenta le ragioni di quel partito, non c’è più politica. La politica è fatta di trasparenza del conflitto, di opinioni diverse, della capacità di misurarsi sul terreno della discussione. Se tutto questo manca, manca la politica”
Parliamo di Catania. Mi dia un giudizio su questo primo anno di amministrazione Bianco.
“Bianco si è trovato con un’eredità tragica dopo gli anni del governo della destra. Non solo il buco nero in cui sono sprofondate le risorse finanziarie del comune, ma anche un progressivo impoverimento del senso civico di questa città. Credo che si sia messo di fronte ad un’impresa titanica. Se viene lasciato solo, se si ritiene che questa debba essere l’impresa di un uomo solo al comando, rischia di essere un fallimento. Se diventa una grande scommessa civile e politica dell’intera comunità catanese allora possiamo parlarne”
Da catanese come trova i catanesi oggi?
“Simili a quelli di ieri”
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27 Luglio 2014, 06:01