12 Aprile 2009, 01:01
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(Un padre accusato di violenza sulla figlia piccola ci ha scritto. C’è un processo in corso e – per ragioni di privacy – abbiamo omesso ogni riferimento che potrebbe rendere riconoscibili i protagonisti di questa vicenda. Nemmeno intendiamo sposare la tesi di chi scrive. Ma abbiamo ritenuto giusto dare spazio a uno sfogo così intimo. In ogni caso, ci insegnerà qualcosa)
“Descrivere lo stato d’animo di una persona a cui vengono tolti gli affetti più cari della propria vita è cosa talmente difficile da non potersi tradurre in sole poche righe. E’ come esser privato dell’aria di cui ti nutri per respirare, è come sentirsi svuotato dentro l’anima, senza più motivazione o interessi da portare avanti, è come se non ci fosse più differenza tra il giorno e la notte, tanto da desiderare di addormentarsi per potersi svegliare solamente quando tutto è finito, fintanto da immaginare che sia stato solamente un brutto incubo! La triste vicenda affonda le proprie radici in un matrimonio che forse non c’è mai stato. Tralascio di parlare di un’unione contornata da litigi ed incomprensioni.
Tutto è precipitato, dopo la separazione. La mia ex moglie si è rivolta a una psicologa che ha visitato mia figlia, concludendo la visita con una diagnosi di abuso commesso dal sottoscritto, con conseguente denuncia alla Procura della Repubblica e divieto di incontri tra padre e figlia da parte del Tribunale dei Minori, e divieto di incontri tra nonni e nipote.
Io sono innocente e mi è caduto il mondo addosso. Sin dall’inizio di questa triste vicenda in cuor mio una piccola voce mi sussurrava: “… devi avere pazienza … devi aspettare …”, ma come si fa umanamente a stare fermi e ad aspettare quando ti crolla il mondo addosso, come si fa ad aver pazienza quando vieni separato dagli affetti a te più cari – senza che nel frattempo ci sia stato alcuna condanna – e ti si toglie ciò che è considerato normale e dovuto. I miei nonni paterni sono morti senza poter riabbracciare la loro nipotina, mia madre è gravemente malata di cuore a causa del forte dispiacere, nonostante ciò ritengo ad oggi che chi pensa di poter lenire le proprie ferite affidandosi alle associazioni di padri separati o alle terapie dei psicologi ha sbagliato tutto, ma è proprio alla luce del mio cammino di fede che posso ritenere con forza che nessuno di loro può aiutare chi si trova in tali tragedie se non l’amore di Dio.
E’ nel silenzio che ho chiesto aiuto al Signore … è grazie a lui che piano piano ho trovato la forza di andare avanti. Ho smesso di fumare, consapevole di dover accentrare a me tutte le forze, continuo a dare il massimo rendimento nel lavoro non permettendo di lasciarmi condizionare da questa triste vicenda, aiuto gli amici e conforto la mia famiglia tenendo accesa la fiamma della speranza, ho smesso di cercare affetto nelle persone e nei luoghi sbagliati. Cosa ancor più importante non provo sentimenti di odio e rancore nei confronti della ex moglie. Chiedo soltanto di potere rivedere mia figlia, ormai lontana da sei anni. Io sono innocente, ma non voglio convincereper forza nessuno di questo.
Chiedo soltanto di non dovere scontare questa atroce pena della separazione
da ciò che amo, senza che sia intervenuta alcuna condanna”.
Lettera firmata
Pubblicato il
12 Aprile 2009, 01:01