20 Aprile 2024, 06:45
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CATANIA – Incontri con i politici in campagna elettorale alla presenza del boss Francesco Santapaola, le rivelazioni che hanno fatto scattare l’inchiesta Pandora hanno un nome e cognome, Silvio Corra. Non un pentito qualunque, si tratta del cognato del boss Angelo Santapaola, ammazzato nel 2007 per volontà di Enzo Aiello, il tesoriere della mafia.
Ecco cosa ha detto agli inquirenti coordinati dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo. Le prime dichiarazioni risalgono al 2020, con i Pm Antonino Fanara e Agata Santonocito.
Silvio Corra inizia a parlare degli appalti. “Quando sono stato scarcerato nel giugno 2019, dopo un paio di mesi circa, venne a trovarmi Alfio Romeo, fratello di Vito, con il cognato di Carmelo Oliveri, detto ‘Parrucchino’, quest’ultimo responsabile di Giarre per conto dei Santapaola clan Brunetto”. Romeo avrebbe parlato dei lavori edili a “Mascalucia o a Tremestieri” e “aveva la possibilità di avvicinare l’assessore comunale di Mascalucia o di Tremestieri, perché glielo aveva presentato il fratello Vito, per cercare di fare delle estorsioni alle ditte incaricate”.
“In particolare mi proponeva – continua – essendo io il responsabile del gruppo, di contattare l’assessore per conoscere le ditte ed avere le corrette indicazioni su quelle che potevano essere avvicinate per richieste estorsive senza il rischio di essere denunciati”. Su questo punto, Corra conferma le dichiarazioni di un altro pentito, Salvatore Bonanno, che parla di un nuovo asse con la politica.
“Ricordo che Francesco Santapaola e Vito Romeo si incontravano spesso presso l’abitazione del Romeo con l’assessore di Tremestieri e con lo stesso sindaco. Io accompagnavo il Santapaola a casa del Romeo ma poi non partecipavo alle riunioni con i soggetti politici che vedevo comunque arrivare”. Corra tira in ballo il boss Francesco Santapaola e un altro colonnello del clan, Vito Romeo che gli avrebbe confidato che alle riunioni partecipavano “assessori e il sindaco”, arrivati con una Lancia Libra “di colore blu scuro”.
Alle riunioni col boss dei Santapaola avrebbero partecipato “tre o quattro politici”, tra cui un uomo: “Uno lo vedevo sempre e ricordo che aveva circa 55 anni e aveva i capelli bianchi”. Tra i partecipanti anche Alfio Carciotto, condannato a 17 anni e 2 mesi nel processo al clan Malpassotu. Corra non è sicuro di saper riconoscere i politici, ma precisa: “Sono certo che ha partecipato a queste riunioni anche il sindaco di Tremestieri per come mi diceva Vito Romeo“.
Romeo, tra il 2015 e il 2016, cioè prima dell’arresto, avrebbe confidato al collaboratore “che si dava molto da fare per raccogliere voti per conto dei soggetti con cui si incontrava ed in particolare in favore dell’assessore“. Subito dopo ricorda “il nome di Santi che era il candidato che il Romeo appoggiava a livello elettorale” e “partecipava sempre alle riunioni presso l’abitazione del Romeo con i politici e Francesco Santapaola.
Secondo Romeo, Rando “doveva essere eletto perché avrebbe dovuto aiutarci nell’affidamento dei lavori, guadagnando a sua volta la sua parte” e avrebbe indicato anche un altro candidato “che dovevamo appoggiare e che una volta eletto ci avrebbe aiutato negli appalti”.
Corra riconosce Pietro Cosentino, cognato di Vito Romeo e braccio destro di Santi Rando, in stretto contatto con Luca Sammartino. Cosentino lavorava alla Catania Multiservizi, società partecipata che si occupa della pulizia del tribunale etneo. E proprio davanti al palazzo di giustizia, Cosentino incontrava i mafiosi del clan Santapaola.
Cosentino “era il contatto con la politica di Tremestieri ovvero con Santi Rando – dice il collaboratore – il soggetto che ho indicato come “l’assessore” e gli altri politici che venivano a casa di Romeo”. Lui non forniva notizie di natura “giudiziaria”, ma sarebbe stato “l’elemento di collegamento tra Vito Romeo e Francesco Santapaola e faceva da tramite tra i politici e il gruppo Santapaola”.
E ancora, Cosentino “consigliava Francesco Santapaola e Vito Romeo nella scelta dei candidati da sostenere indicando quelli che sarebbero stati più avvicinabili e che, una volta eletti, si sarebbero messi a disposizione del gruppo mafioso, impiegando le proprie forze politiche negli appalti pubblici per far guadagnare il clan”.
“Riconosco alla foto n. 82 un soggetto che ho visto parlare con Vito Romeo e suo cognato Piero presso l’abitazione del Romeo, non so se questo soggetto abbia a che fare con la politica. Ho visto questo soggetto a casa di ROMEO Vito con quest’ultimo e il di lui cognato in due occasioni“. Dopo queste dichiarazioni, la procura verbalizza che la foto è di Luca Sammartino e il pentito specifica: “Adesso che mi specifica il nome, non so aggiungere altro”. Poco dopo Corra, aggiunge: “Come ho detto in verbali precedenti mi ricordo che una o due volte l’ho visto sicuro a casa di Romeo”. E alle riunioni con Sammartino ci sarebbero stati “Vito Romeo – assicura il collaboratore – Francesco Santapaola, Pietro Cosentino e Vincenzo Romeo”.
La Procura chiede al collaboratore di cosa si parlasse negli incontri. “Per quello che mi spiegava Vito Romeo a me e quello che io potevo capire, diciamo, si parlava di appalti. Praticamente loro… allora in quel momento c’era Santi Rando, che si doveva candidare, ava chianari, va, comu si dici, doveva salire e giustamente si parlava di lavori che si dovevano fare, del perché, perché loro diciamo sapevano come prendere diciamo le imprese che dovevano fare questi lavori”.
Le accuse, nei confronti dei politici, diventano pesanti: “Santi Rando e quelle persone che erano presenti là conoscevano le imprese, che dovevano diciamo fare questi lavori e allora come si ci poteva andare per estorcere il denaro dal lavoro? Diciamo il lavoro che veniva, un lavoro stanziato da centomila euro, loro diciamo sapevano bene o male se ci si poteva andare, se non ci si poteva andare, se si ci poteva parlare direttamente per protezione, per questo qua”.
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