02 Marzo 2012, 22:01
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“Io sostengo Rita anche perché sono diverso da Raffaele Lombardo”. In quel momento, la parabola del volo di Nichi Vendola sfiorava il suolo. Quello polveroso delle primarie palermitane. Quello delle alleanze e delle ripicche. Delle provocazioni e delle accuse. Prima e dopo quel passaggio, il discorso del presidente di Sinistra ecologia e libertà, non era stato facilmente intercettabile. Aveva spiccato il volo in alto, nel tempo e nella geografia. Ed era tornato a pelo d’erba, su quell’immaginario campo da gioco “nel quale Rita è una luce. Una luce palermitana, siciliana. Beati voi”, dice al pubblico arrivato al Teatro Dante. Una capienza da novecento posti, appena sufficiente. La platea è colma fin da subito. C’è gente in piedi. La galleria si riempie alla spicciolata, man mano che il leader di Sel sfiora i concetti di spread e berlusconismo, parla di Carl Marx e Lucio Dalla (“un amico che amava la Puglia”). Abbraccia Rita Borsellino: “Che vincerà le primarie”.
Lei, Rita, lo aveva preceduto più di un’ora prima. Aveva abbandonato il suo posto sulla sedia accanto a lui, per iniziare un discorso a braccio: “Avevo scritto qualcosa – dice – ma preferisco parlarvi col cuore in mano”.
Dalla prima fila, la osservano gli alleati. I segretari regionali dei tre partiti che la sostengono sono tutti lì: c’è quello del Pd Giuseppe Lupo, quello di Idv Fabio Giambrone, quello di Sel Erasmo Palazzotto. E ancora, altri rappresentanti dei partiti, da Sergio D’Antoni a Pippo Russo, da Sergio Lima a una folta rappresentanza della Cgil, con la segretaria generale Mariella Maggio, il segretario provinciale Maurizio Calà, il segretario della Funzione pubblica Michele Palazzotto, il responsabile della Sanità Renato Costa.
“Mi sento tra amici”, dice Rita Borsellino, prima di ripercorrere le tappe di una candidatura decisa in ottobre, “ma da mesi, fin dall’estate, mi tormentavo. È stata l’estate più difficile della mia vita, persino più dura di quella del ’92, perché vivevo un tormento interiore costante. Qualcuno mi diceva ‘ma chi te lo fa fare’? E anch’io pensavo non valesse la pena lasciare l’attuale lavoro a Bruxelles, che mi piace tanto”.
Poi, cambia qualcosa: “In quei mesi in cui si faceva il mio nome – racconta – ero la candidata ideale, perfetta per tutti. Per Raffaele Lombardo, per Gianpiero D’Alia, per Enzo Galioto. Ma non appena ho detto che non avrei voluto avere a che fare con le loro forze politiche, ecco che sono iniziate le offese”. Offese giunte “con un linguaggio politico, ovviamente, – prosegue la Borsellino – ma che avevano un significato chiaro: non ero più degna di fare il sindaco. È stato a quel punto che ho sciolto la mia riserva e ho deciso di giocare questa partita”.
Una partita che domenica darà già un verdetto importante: “Queste primarie – continua Rita Borsellino – si sono subito tramutate in una rissa. Alla quale non ho mai voluto partecipare. A volte, lo ammetto, mordendomi la lingua. Si tratta comunque – aggiunge – di un’esperienza esaltante. A me non è stato chiesto di risolvere i problemi di una città disgraziatissima come Palermo. Mi è stato chiesto come si può fare per risolverli tutti insieme. Questa città – dice – è stata messa a tacere per troppo tempo. Oggi ha entusiasmo, sente che è il momento in cui si può imprimere un cambiamento”.
Cambiamento. Rottura col passato. Questo il concetto ribadito dalla candidata alle primarie di Pd, Idv e Sel, che però precisa: “In tutti questi anni, nonostante lo stato in cui versa la città, non ho visto gente nelle piazze a protestare. Dobbiamo dimostrare, anche andando a votare alle primarie, di essere ‘vivi’ e non ‘vinti’. Chi non parteciperà, non dovrà lamentarsi dopo, quando si troverà a subire il malgoverno di altri partiti. In questi giorni – attacca Rita Borsellino – ho visto tanto ‘amore’ e tanti ‘cuori’ nei manifesti elettorali. Ma questa gente dov’era fino a ieri? Oggi tutti si dicono candidati della società civile, perché hanno vergogna dei partiti. Io – conclude – allora voglio essere la candidata della società incivile, quella cioè, alla quale non vengono riconosciuti i diritti. Ho un sogno: che Palermo torni una città normale”.
Una città normale. Anzi, di più, la “capitale del mondo, città cosmopolita, dai grandi talenti”, rilancia nel suo intervento Nichi Vendola, che insiste: “Palermo è il simbolo del dolore del nostro Paese. Se non risorge Palermo è inutile anche pensare all’Europa. Parlo di cose concrete. Ma queste primarie non sono una questione nazionale, sono un fatto di ‘carne e sangue’”. Cravatta viola, vestito grigio. Vendola alterna i sussurri ai toni robusti, gesticola, di tanto in tanto, si volta poco più indietro, verso Rita. E inizia un volo di oltre un’ora. Durante il quale sale in alto verso Carl Marx ed Helmut Kohl, sfiora Altiero Spinelli e il trattato di Ventotene. Parla del mondo e di Palermo. Di Sarajevo (“Dove nasce e finisce l’Europa”) e della Turchia (“Vera forza vitale del vecchio continente”). Salta dall’economia alle città: “Tutti ormai sapete quant’è lo spread, nessuno sa quanti sono i poveri nel mondo. Ve lo dico io: sono ottanta milioni”. Dal lavoro ai giovani: “Non dobbiamo batterci per il diritto al lavoro, ma per il diritto al reddito. Bisogna ricostruire l’idea di un futuro come benessere. Oggi dai ragazzi viene percepito come una minaccia”.
Ed ecco Palermo, appunto, “amministrata in questi anni da una destra di cannibali”, e dove la candidatura di Rita Borsellino consente “un disvelamento della città, delle sue contraddizioni. Le contraddizioni di chi confonde il cambiamento col trasformismo, di chi crede che l’età anagrafica e quella politica coincidano”. Così, ecco una frecciata agli altri candidati delle primarie: “Questi ragazzotti che giocano questa partita – dice – che sembrano già vecchi”. E a questo “gioco di accuse rappresentate da questa campagna elettorale dai toni a volte belluini, Rita si è sottratta. Ha deciso di volare alto, ha rifiutato il redde rationem. Ricordando così a tutti cosa sia davvero la buona politica. Una politica che non si fa nelle segreterie, che allontana i compromessi e le doppiezze. Anche per questo – aggiunge – io sono un avversario di Raffale Lombardo. Oltre – sorride – che per altri dettagli…”.
E al di là dei dettagli, quella differenza col governatore si basa su un’idea di fondo: “Lui è un sudista. Io un meridionalista. I sudisti sono come i leghisti. Il sudismo è un danno per la Sicilia. Dietro un richiamo identitario da cartolina, da macchietta, finisce per presentare un racconto che copre tutto, il lecito e l’illecito. Palermo – prosegue – è stata grande non per aver difeso una sua presunta identità, ma perché è stata capitale del mondo. Morta e risorta dalle sue ceneri tante volte. Per questo, nonostante i tanti che hanno stuprato questa città, ne hanno fatto scempio, Palermo pulsa di vita. Grazie a persone semplici, che hanno talento, voglia di vivere e non vogliono piegare la testa di fronte a nulla”.
E le “differenze” col governatore Lombardo tornano nel discorso di Vendola quando dice: “Sono diverso da lui. E infatti sono felice di aver detto più volte, senza mai essere condannato da alcun tribunale, che il Ponte sullo Stretto avrebbe unito non due coste, ma due cosche”. Poi, un messaggio agli altri candidati delle primarie: “Rita Borsellino si è comportata da grande dirigente politico. Per questo, una volta festeggiata la sua vittoria alle primarie, dobbiamo stare tutti insieme, in un grande centrosinistra”. Il volo di Vendola è già andato oltre. Oltre le primarie.
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02 Marzo 2012, 22:01