17 Dicembre 2012, 18:34
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PALERMO – “Non era impossibile che un meteorite cadesse in città, ma gli elementi del caso specifico mi hanno creato qualche perplessità sin da subito. A partire dalla minima distanza tra l’avvistamento della scia rossa e il ritrovamento della pietra: non è plausibile che un meteorite possa essere recuperato così vicino al luogo dell’avvistamento”. Parola di Mario Nuccio, professore ordinario di Geochimica presso l’Università di Palermo, che dopo i risultati degli esami sul “meteorite” trovato da una bambina a Brancaccio, rivelatosi non vero, nel corso dei suoi studi ha vissuto coi suoi occhi un altro caso eclatante di “falso storico” nell’Isola.
Precisamente a Sambuca di Sicilia, quando alla fine degli anni Sessanta un oggetto colpì addirittura i vetri di una scuola e fu ritrovato dal preside della stessa. Tanto clamore tra dubbi e perplessità, scetticismo e superstizione. Ma soprattutto scienza. Ieri come oggi. “Per noi le segnalazioni sono fondamentali – spiega Nuccio – quindi non condanniamo nessuno, non diciamo di non segnalare per paura che si tratti di un errore. I ritrovamenti avvengono spesso grazie ai cittadini, che nel momento in cui si trovano di fronte ad una pietra di dubbia provenienza fanno bene ad avvisare la polizia. Stavolta siamo rimasti tutti delusi, ma lo mettiamo sempre in conto. Speriamo sempre in ritrovamenti rivelatori, che possano fornirci nuovi elementi di studio. Non è stato così, anzi, l’episodio di Brancaccio ha ormai tutti i requisiti di uno scherzo”.
E scherzo si rivelò anche il ritrovamento di Sambuca: “In quel caso – racconta il professore – la pietra era apparentemente più interessante, al punto che portammo con noi altri esperti ed un fotografo. Ciò dimostra quanto sia importante analizzare anche la parte interna di una pietra, proprio come è avvenuto oggi all’Istituto nazionale di Geofisica e Vulcanologia per analizzare quella trovata a Brancaccio. Quella di Sambuca era “Basalto”, di quello utilizzato per mantenere caldi i forni a legna”.
A Palermo di meteoriti veri, però, ce n’è. Ed è possibile ammirarli al Museo di Minerologia di via Archirafi 36, dove ne vengono esposti circa venticinque. Tra questi, quello che contiene il minerale più antico del sistema solare, la “panguite”. E’ il meteorite di Allende: un vero e proprio bolide – spiega il ricercatore del Distem e presidente dell’associazione GEODE, Sergio Calabrese – che illuminò nel 1969 gli abitanti del Chihuahua, in Messico, per poi esplodere nei pressi di un piccolo villaggio, Puebliyo de Allende. Tre tonnellate di suoi frammenti, sono stati raccolti fino ad oggi”
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