La bimba che chiedeva l’elemosina| e lo ‘zio’ orco condannato a 8 anni

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09 Febbraio 2012, 13:38

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Ancora una brutta storia di violenza. La vittima è una ragazzina che all’epoca dei fatti aveva 14 anni. L’aguzzino è una persona di famiglia, lo chiamava “zio”. Il contesto è quello della comunità Rom a Palermo. Ma non è da lì che viene fuori la denuncia che ha portato oggi la seconda sezione penale del tribunale di Palermo a condannare “l’orco” a 8 anni di reclusione, due in meno di quanto richiesto dalla pubblica accusa rappresentata in aula dal pm Carlo Lenzi.

La ragazzina è stata assegnata a una comunità che si occupa di assistenza a minori disagiati nel 2009. Chiedeva l’elemosina per strada e su quegli stessi marciapiedi subisce anche le avance di un passante che, dietro il compenso di 50 centesimi, voleva essere toccato nelle parti intime. Ma non è per questo che la ragazzina viene affidata alle mani esperte di assistenti sociali e psicologi – l’avvenimento è oggetto di un procedimento separato – quanto per via del contesto familiare che l’ha ridotta a una condizione di quasi schiavitù.

Nella sua requisitoria il pm parla di uno “svelamento da manuale”. Perché la verità non è venuta fuori immediatamente, in un’esplosione emotiva, ma attraverso un processo graduale. E il primo sintomo è stato quel continuo e ingiustificabile stato di vergogna e il disgusto nei confronti del genere maschile. Atteggiamenti registrati dagli operatori che hanno portato a ulteriori approfondimenti. È stata anche fatta una consulenza tecnica nei confronti della minore, “i fatti sono stati narrati in modo assolutamente coerente e hanno evidenziato un terribile travaglio emotivo” ha spiegato Lenzi. Si tratta di tre rapporti completi intrattenuti con lo “zio”, su cui non è il caso di indugiare in particolari. “Un evento reale, non inventato” ha tenuto a sottolineare il pm, citando l’incidente probatorio svolto in fasi di indagini preliminari (come si conviene in questi casi), particolarmente “tranchant” rispetto a quanto raccontato.

La difesa, sostenuta dall’avvocato Gabriele Lipani, ha contestato lo stesso incidente probatorio, in cui i fatti non sarebbero emersi con la necessaria chiarezza. “Dice di non essersi sporcata” spiega il legale sostenendo la posizione del suo assistito. “Non è stata sottoposa a cure mediche” aggiunge indicando come, in caso di violenza, non si possa prescindere dall’intervento dei sanitari. Concludendo che, a suo modo di vedere, la ragazzina “abbia proiettato sullo ‘zio’ tutti i travagli della sua pur giovane vita”. Ma il tribunale ha ritenuto valido quanto prospettato dall’accusa, dichiarando colpevole lo “zio-orco”.

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09 Febbraio 2012, 13:38

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